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lunedì 27 dicembre 2021

I bouquet della Schefflera

La Schefflera arboricola è una delle piante da me definite "scappate di casa", una brigata che comprende, oltre alla suddetta, i Ficus elastica e benjamina, la Fatsia japonica, la Monstera deliciosa .... 

Tutte piante che sono nate e continuano ad essere vendute ed a vivere decorosamene come piante d'appartamento ma che sono state capaci, in climi sub tropicali come il nostro, di adattarsi a vivere anche all'esterno, dimostrando altresì capacità di sviluppo notevoli; basti pensare ai Ficus, che raggiungono dimensioni da albero con tronchi poderosi e chiome amplissime.

E hanno dimostrato non solo capacità di sviluppo dimensionali, ma anche di completamento del ciclo vitale, producendo fiori e frutti che invece sono rarissimi nella vita d'appartamento.

E questo succede soprattutto alla Schefflera, che in qualche caso di vita esterna non solo produce frutti, ma addirittura lo fa sia in estate che in inverno, in prossimità dei solstizi.

Ed ecco la dimostrazione dell'assunto, con la bella Schefflera di via Monteverdi, che vi ho già presentato in versione estiva (post del 15/7/18), qui invece ripresa alcuni giorni fa con i suoi bouquet invernali.

Ho definito bouquet le pannocchie di fruttini, in realtà piccole bacche accostate l'una all'altra, per l'accoppiamento di colori che le singole bacche presentano, a seconda del grado di maturazione, colori che vanno dal verde al giallo all'arancio al rosso, fino al nero.


 
Ed ecco il dettaglio di una pannocchia e di alcuni dei colori che i fruttini assumono; purtroppo nella fotografia i colori sono un poco impastati, ma posso assicurare che l'insieme è veramente gradevole, e ricorda appunto un bouquet da sposa.

Ricordo, per completezza, di aver già presentato un altro enorme esemplare cagliaritano, in via Pacioli (post del 25/8/19), ed uno in piena fruttificazione invernale nel paese di Collinas (post del 17/12/15).

Insomma, se avete una Schefflera in salotto che vi da poche soddisfazioni, sapete che potete offrirle una seconda opportunità, lasciandola scappare all'aperto!


lunedì 20 dicembre 2021

A volte anche in un centro commerciale, un Viburno.....

 Lo scopo per cui si va in un centro commerciale è quello di comprare, o di guardare le merci esposte, o di incontrare gli amici e passeggiare all'interno del centro medesimo.

Ma talvolta, e per fortuna aggiungo io, si può andare in un centro commerciale anche per guardare ed apprezzare non un oggetto fatto da mani o da macchine, ma un prodotto della natura.

E questo è quello che è capitato a me, al centro commerciale Le Vele, e precisamente nello spiazzo che collega la zona cinema multisala con la zona propriamente commerciale.

Sono stato colpito dalla bellezza delle grosse vasche cariche di piante, ed in particolare da alcuni arbusti in bella vista, che stanno per fiorire.

Eccone qua uno, che mostra orgoglioso i corimbi terminali rosei carichi di boccioli, che si preparano ad esplodere con la bella e vistosa fioritura invernale. 

Si tratta di un Viburnum tinus (post del 6/3/11) , Viburno o Lentaggine in italiano, Meliana in campidanese; è un arbusto dalle tante qualità, a cominciare dalla bellezza dei fiori, già gradevoli quando sono in boccio, come in foto.

E' poi una pianta che cresce spontanea nella nostra Sardegna, e le sue bacche blu metallico sono molto gradite dagli uccelli.

La fioritura ha una lunga durata, se è vero che comincia adesso e può andare avanti fino a marzo o ad aprile, come dimostrano le foto del post citato. I fiorellini sono bianchi, soffusi di rosa quando sbocciano, e vedere insieme, vicini, boccioli e fiori aperti, con le varie sfumature di colore, è un vero godimento per gli occhi.  

Insomma, il suggerimento è che ciascuno di noi, anche durante la caccia frenetica all'ultimo regalo di Natale, si lasci distrarre dalla bellezza naturale che, a volte, si può trovare anche nel perimetro di un centro commerciale. 


  

martedì 14 dicembre 2021

Arriva l'inverno, e lo splendido oro dei Ginkgo

 E' irresistibile. Non si riesce a resistere ad un moto di emozione per un Ginkgo biloba che si veste d'oro, tanto più quando è illuminato dal sole. E quest'anno, che il sole si è fatto attendere a lungo, preceduto da tanti giorni di pioggia, l'emozione è ancora maggiore, e ci consola della mancanza di un vero e proprio foliage nella nostra città.

Per fortuna che la presenza di questi alberi a Cagliari sta aumentando, a cominciare dai giovani esemplari di piazza Giovanni XXIII.



Eccolo allora quello che è il capostipite dei Ginkgo di piazza Giovanni, già eternato nel blog, tanti anni fa (post del 9/12/10); non è cresciuto molto da allora, ma sappiamo che questi alberi hanno una crescita molto lenta, che ne impreziosisce il valore.

Ebbene, questo esemplare per quanto piccolino ha il ruolo di capostipite, dopo che da qualche anno sono stati piantati dietro di lui diversi altri esemplari  (post del 14/6/19), che appaiono in buona salute.

Una scelta giusta da parte dei giardinieri comunali, che hanno sostituito vecchi alberi, Pini e Jacarande, arrivati a fine vita. 




E naturalmente, parlando di Ginkgo, non possiamo trascurare i due fratelli di piazza Repubblica, gli esemplari più rappresentativi e probabilmente più grandi della città, tante volte trattati dal blog anche in relazione alla loro età (post del 28/1/20).

Pensate che ci accompagnano da un'ottantina di anni, tanti per noi ma pochissimi per loro, che possono vivere centinaia di anni.

Quindi lunga vita ai Ginkgo ed agli umani loro compagni di esistenza, soprattutto a quelli che sanno apprezzare e rispettare questi meravigliosi esseri viventi! 

venerdì 10 dicembre 2021

I diritti delle piante, a cominciare dalle Querce

Il post odierno prende lo spunto da un articolo che ho letto recentemente, scritto da Alessandra Viola, valente e nota giornalista specializzata in tematiche ambientali, riguardanti in particolare le piante ed i loro diritti, riconosciuti ma  soprattutto negati.

L'articolo della Viola prende lo spunto dalla notizia che per la ricostruzione del tetto della cattedrale parigina di Notre Dame, distrutto da un incendio nel 2019, saranno abbattute circa 2000 Querce sane, alcune con oltre due secoli di vita.

La domanda in estrema sintesi è: come è possibile che la volontà di ricostruire utilizzando materiali originari, nel caso specifico il legno di Quercia, debba passare sopra alla sopravvivenza di 2000 esseri viventi, tanto più se dotati del valore intrinseco di vecchie Querce? Non era possibile valutare l'utilizzo di materiali alternativi, anche per non negare la rivoluzione verde, tanto sbandierata da molti governi europei, a cominciare da quello francese?

Per capire le dimensioni del danno di cui stiamo parlando, vi voglio presentare alcune Querce delle quali vi ho raccontato nel corso degli anni, in vari post a loro dedicati. Ricordo altresì che la Quercia è uno degli alberi al quale è riconosciuto un rapporto strettissimo e plurimillenario con gli esseri umani (post del 24/4/14, fra gli altri). Ecco il piccolo reportage fotografico.


Particolare di una Quercia da sughero, Quercus suber, fotografata sul monte Linas nel dicembre del 2011. Anche quell'anno doveva essere piovuto molto, per consentire alle felci di trovare un incavo arboreo adatto a vivere. 




E questa a destra è una Farnia, Quercus robur, e precisamente l'esemplare dell'Exma (post del 2/8/13, fra gli altri); una specie di Quercia molto rara in Sardegna ed a Cagliari, e invece molto comune in tutta Europa. E' probabilmente la specie di albero che sarà utilizzata per la ricostruzione del tetto di Notre-Dame. 


Ed allora eccola un'altra Farnia meravigliosa, nel pieno del foliage autunnale; naturalmente questa non è sarda, ma vive nel nord dell'Inghilterra, e precisamente ai bordi del lago Windermere.
  



Questo a destra è invece l'affascinante scheletro di una nostra Roverella, Quercus pubescens, parente stretto della Farnia e, questa sì, molto comune (nonostante le razzie dell'ottocento) nelle nostre belle campagne. Vive a Tadasuni, nell'oristanese, e qui è ripresa in febbraio, in pieno riposo vegetativo.




E, per finire con una immagine dolce e quasi natalizia, tre galle disposte simmetricamente quasi a simulare un fiore, in questa Farnia.
In realtà queste simpatiche palline aiutano la Quercia a proteggersi da insetti che potrebbero essere pericolosi (post del 15/10/20).




Adesso che, spero, avrete apprezzato queste immagini e la bellezza degli alberi, chiedetevi quanto è corretto che l'uomo abbatta 2000 Querce per ripristinare un soffitto, per quanto di una meravigliosa cattedrale nel cuore parigino. Io concordo con la giornalista Viola, e con la sua convinzione della assoluta necessità di promuovere una Dichiarazione universale dei diritti delle piante.

Pensate che le piante costituiscono più dell'80% di ciò che è vivo nel nostro Pianeta, e che, inutile ricordarlo, senza le piante l'uomo non potrebbe sopravvivere, semplicemente.
Considerare le piante come meri oggetti, al più risorse, delle quali disporre in maniera assoluta da parte di chi ne ha la proprietà, non può più essere considerato un assioma, addirittura declinato nei sistemi giuridici che regolano diritti e doveri negli stati.

La pianta è una nostra compagna di vita, si custodisce e si tramanda, non si tradisce abbattendola, se non per validi e riconosciuti motivi; dovrebbe avere dei diritti ben individuati come già è avvenuto per altri ecosistemi della Natura (fiumi, foreste.....). Anche io, nel mio piccolissimo ambito, avevo esposto il problema della protezione di alberi cittadini di interesse generale, anche se viventi in proprietà private (post del 7/12/13, fra gli altri).

Bene, mi fermo qui anche se ci sarebbe tanto da dire; spero di aver offerto uno stimolo  di riflessione anche per problematiche che ci riguardano da vicino, come per esempio gli alberi di viale Trieste. Ricordiamoci sempre che non si può banalmente giustificare l'abbattimento di un albero, magari con 100 anni di vita ed una chioma enorme, dicendo che tanto se ne mette un altro: non stiamo parlando di oggetti qualsiasi, porca miseria!  
    

giovedì 2 dicembre 2021

Ulivi e Melograni, all'Orto dei Cappuccini

 Sfruttando una mattinata di sole, cosa rara in questo autunno cagliaritano super piovoso, ho voluto fare un giro all'Orto dei Cappuccini (post del 4/6/16), per vivere il fascino di questo luogo. Purtroppo mancava il silenzio, dato che si sta procedendo al consolidamento della parete calcarea accompagnato dal "canto" dei martelli pneumatici, ma per il resto il fascino di cui vi avevo parlato nel 2016 c'è ancora tutto.



E partiamo allora da uno scrigno che si è aperto, una piccola melagrana  che mostra i suoi succosi arilli rossi che proteggono il semino bianco.

Ci sono tanti alberelli di Melograno, Punica granatum,  in questo giardino: nel post citato sostenevo che la sola presenza di queste piante meritava una passeggiata, in periodo di piena fioritura; confermo quel giudizio, e lo estendo al periodo di fruttificazione, che dall'inizio dell'autunno perdura fino ad ora.



E che dire allora del grande vecchio Ulivo che si staglia sullo sfondo dell'ampio prato? Una meraviglia della Natura, che fra l'altro aiuta a proteggere i visitatori dalla vista delle palazzine retrostanti. 

Sono tanti gli Ulivi che valorizzano questo luogo, molti certamente molto anziani, immagino pluricentenari; la loro bellezza spesso non è data dalla chioma, ma dal bellissimo tronco segnato dai decenni, e che resiste a vivere, magari con pochi rami  ma con tanta gloria per la lunga vita trascorsa ad offrire compagnia a molte generazioni di umani.



Questo esemplare, che si trova vicino all'ingresso dell'Orto, è costituito da un vecchio tronco che ha saputo ridiventare albero, probabilmente aiutato da mani sapienti di giardiniere, fino a riproporre una chioma costituita dai rami che si dipartono dal residuo di una precedente vita.

Sembra che offra la sua protezione, se non l'ombra peraltro non richiesta in questi giorni, ai due umani che meditano e leggono seduti in panchina, sfruttando il tepore del sole.

E, al di là degli aspetti poetici delle piante che vi ho presentato e delle tante altre presenti in questo luogo, l'Orto mantiene la sua funzione originaria, con gli spazi dedicati alla coltivazione di erbe aromatiche e piante orticole. 

Ribadisco dunque il fascino di questo luogo, nel quale alle piante si aggiungono molte vestigia del passato, che per ora si intravedono soltanto, ma che sono in fase di sistemazione per una prossima disponibilità pubblica.