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martedì 28 novembre 2017

Cure per la Vecchia Signora

La vecchia signora del titolo è l'Araucaria excelsa di Villanova, che conosciamo piuttosto bene per averla trattata più volte nel blog. D'altra parte è uno degli alberi più significativi della città, e la sua ultracentenaria presenza ha sempre affascinato cagliaritani e turisti, soprattutto quelli che transitano lungo il Terrapieno.

Sappiamo che questa Araucaria è vecchia e malata, e lo abbiamo segnalato prima nel 2011 (post del 4/2/11), poi nel 2015 (post del 15/7/15); oggi torniamo sull'argomento con una bella notizia, cioè che c'è stato l'auspicato intervento di manutenzione straordinaria.


Ho ricevuto la segnalazione dei lavori in corso da Isabella, che ringrazio, e sono andato a vedere: questa a sinistra è la situazione a lavori conclusi.

Certo, se confrontiamo la sua silhouette con quella fotografata cinque anni fa (post del 21/8/12), il confronto è impietoso: mancano molti rami, soprattutto in basso, e molti dei rami rimasti hanno perso grandi quantità di aghi.

Insomma, per farla breve ed usando un efficace termine  cagliaritano senza volerle mancare di rispetto, la vecchia signora è "spinniata", ma noi le vogliamo bene anche così, e ben venga tutto ciò che le può allungare l'esistenza!


In quest'altra fotografia di dettaglio si vedono i moncherini di alcuni dei rami potati, con il mastice verde cicatrizzante che eviterà la penetrazione di funghi e parassiti.

Si vedono anche le corde, probabilmente lasciate per futuri interventi. E' stato un lavoro sicuramente complesso e mi sembra ben fatto, data la posizione e l'altezza dell'albero, condotto con metodi e strumenti da  arrampicata.

Non so dire se l'intervento sia stato effettuato a cura del Comune, dato che l'albero era stato dichiarato esemplare monumentale (vedi post del 2011 citato)  ancorché in proprietà privata, o, come ho letto, da associazioni private riunite per sostenere lo sforzo finanziario non indifferente.

L'importante comunque, per noi cagliaritani, è che l'albero sia stato curato: non ho idea quanto ancora potrà vivere, data l'età e gli acciacchi, ma intanto gli è stata evitata una morte ingloriosa ed accelerata, che certamente non avrebbe meritato.

venerdì 24 novembre 2017

Il bouquet della Cycas sposa

Una coppia di Cycas revoluta (post 9/7/13 ed altri), chiamiamoli  con nome spagnolo Cica e Cico, decide di convolare a giuste nozze.


Eccoli nella foto di prammatica, scattata nell'aiuola di piazzetta Mafalda di Savoia in Castello, prima di recarsi al Duomo per la cerimonia.

Cica si riconosce perché espone un bellissimo bouquet, di frutti anziché di fiori, colore arancio, mentre Cico, vergognoso, si tiene un po' a distanza e non espone più il suo grosso Strobilo (foto nel post del 6/8/13), che si è seccato "dopo l'uso".

Comunque una bella coppia, non c'è che dire!


Ecco a destra un dettaglio del fascinoso bouquet della sposa, formato dalle false foglie interne che riuniscono e trattengono le drupe arancio.

In realtà, per rimanere nello scherzo, ci sarebbe un problemino: la sposa è già stata fecondata, gli ovuli si sono trasformati in drupe pronte a dare vita a tante nuove piantine. Ma questo, per fortuna, non è più un problema per la morale corrente, e Cica può portare orgogliosa il suo meraviglioso bouquet carico di numerosi potenziali discendenti. 

martedì 21 novembre 2017

Albero, arbusto o mostro biforme?

La prima distinzione che viene fatta, per distinguere una albero da un arbusto, è che l'albero ha un unico tronco, massiccio, che ramifica solo da una certa altezza in poi, mentre gli arbusti ramificano da terra con molti rami sottili.

E' una distinzione efficace anche se un po' grossolana, e che si presta a molte eccezioni; di una di queste vi voglio parlare oggi, e cioè degli alberi che si trasformano in arbusti, almeno dal punto di vista del tronco, diventando una sorta di mostro, come il centauro o l'ircocervo nel campo animale.

Questo avviene per molte specie di alberi, quando sono tagliati a ceppaia, cioè ridotti al solo tronco, subito sopra il livello del terreno: questi alberi "rinascono" mediante l'emissione di una pluralità di  polloni, appunto rami che partono dal terreno, avendo però la consistenza e spesso la capacità di riproporre l'albero in tutte le sue caratteristiche.

Esiste su questa materia una tecnica di governo dei boschi, la ceduazione, ampiamente utilizzata; essa è basata appunto sul taglio a ceppaia e sulla ricrescita pollonifera, i cosiddetti ricacci.
Ma non è di questo che parleremo: vi voglio invece presentare alcuni esemplari arborei che hanno messo in atto questa tecnica probabilmente contro il parere degli umani, che intendevano con il taglio radicale semplicemente eliminare l'albero.




Cominciamo con un Olivastro, Olea europea oleaster, che si trova in un villaggio turistico di Santa Margherita; taglio drastico a livello del terreno, dove vediamo l'erbetta, e ricrescita di quattro polloni, oggi tronchi a tutti gli effetti, che hanno riprodotto nei decenni una bellissima chioma unitaria, carica tra l'altro di olivelle nere.




 
E questa? Questa è l'Acacia saligna della Calata dei Trinitari che vi ho recentemente presentato (post del 17/10/17), mettendo in evidenza la furia cieca con la quale ha ricacciato, per non farsi uccidere; ha quasi riconquistato il suo ruolo di albero, anche se le chiome sono bassottine e disordinate.






Infine, un Ficus retusa,  albero che per ricacciare non è secondo a nessuno: anche questo si trova in Calata dei Trinitari, a Su Siccu, ed anche questo è stato già ospite del blog (post del 3/11/10).

Questo Ficus è stato piuttosto ordinato, ed ha rigettato dalla ceppaia in maniera simmetrica, tanto che la chioma non è assolutamente distinguibile da quella prodotta da un albero a tronco unico.

Se confrontate questa fotografia con quella del 2010, ripresa agli albori del blog, potete notare anche la crescita avvenuta.




Insomma, questi alberi/arbusti saranno forse dei mostri botanici, ma hanno spesso una loro gradevolezza, anche se non rispettano tutte le regole.

giovedì 16 novembre 2017

Il pomo delle dune

Ricordate il Pomo di Sodoma, il simpatico arbusto delle Solanacee che produce abbondanti pomodorini gialli, tesi e lucidi? Ve lo avevo presentato due anni fa (post del 12/3/15), in una collina antistante il mare di Geremeas.

Infatti il Solanum sodomaeum o linnaeanum, questo il suo nome scientifico, si trova soprattutto vicino alle coste, e predilige il terreno sabbioso.

E su terreno sabbioso si trova appunto l'esemplare che vi presento oggi, nell'affascinante e selvaggio retrospiaggia di Feraxi, dove vive anche il Giglietto selvatico (post del 6/11/17).

Un nome importante con rimandi biblici, quello di Pomo di Sodoma, per un arbusto invero molto umile, che però si fregia del bel pomodorino giallo, e che ama vivere in posti incontaminati e magari in mezzo alle dune, come l'esemplare odierno.



A destra un primo piano dei pomi, sorretti da un calice spinoso simile a quello dei pomodori o delle melanzane, con i quali d'altronde condivide la famiglia, quella delle Solanacee.

Peccato solo che questi pomi non solo non siano eduli, ma siano addirittura tossici; d'altro canto, non si può avere tutto, accontentiamoci della bellezza, dei pomi e del contesto!

domenica 12 novembre 2017

A proposito di sparizioni

Sì, a proposito di sparizioni di alberi, ed alla brutta abitudine di abbatterli senza porsi troppi scrupoli, anzi spesso nessuno, leggo che l'ex sede dell'ETFAS in viale Poetto è in fase di ristrutturazione per diventare un centro commerciale.

Ecco, non vorrei che i 4 piccoli e rari Eucalyptus camaldulensis, di cui 2 dal fiore rosso, facessero (o avessero già fatto?) la fine dei 4 Schinus molle dell'ex mobilificio Cao, di cui abbiamo parlato nell'ultimo post del 10 novembre.

A sinistra, per confermare che non stiamo parlando dei soliti, "banali", grandi ed invadenti Eucaliptus, per i quali l'abbattimento potrebbe anche essere giustificato, ecco un'altra foto dei fiorellini rossi, che si aggiunge a quella che avevo pubblicato a settembre (post del 10/9/17).

Insomma, qui abbiamo 4 alberi piccoletti e molto gradevoli, che non danno fastidio ma anzi abbelliscono il terreno nel quale vivono; possiamo sperare che vengano lasciati stare, per essere ammirati da chi transita verso il Poetto?   

venerdì 10 novembre 2017

Oggi ci siamo, domani......Un'altra sparizione multipla

Ricordate la mia rubrichetta, intesa come insieme di post del medesimo argomento, dedicata agli alberi cittadini che scompaiono all'improvviso per mano dell'uomo, senza motivazione apparente?

Se avete voglia di fare una carrellata, basta che cerchiate "oggi ci siamo" per vedere richiamata una serie di post dedicata a queste sparizioni. Sparizioni quasi sempre colpevolmente passate sotto silenzio, solo qualche volta portate all'attenzione dell'opinione pubblica, ma sempre a posteriori, "a babbo morto".

Anche la sparizione di oggi, pure se di grande impatto, viene portata a conoscenza del pubblico a cose fatte; parliamo degli Schinus molle di via Bacaredda, già viventi con le loro bellissime chiome nel giardino del mobilificio Marino Cao, quasi di fronte al mercato.


Per i pochi di voi che non ricordassero l'eleganza dello Schinus molle, ecco un giovane esemplare del Parco della Musica; in alternativa, avete naturalmente una gamma di post nei quali ho trattato questa pianta.

Ecco, succede che 4 splendidi esemplari di questa essenza,  con molti decenni di vita alle spalle, che vivevano subito dietro il muro del mobilificio, attenuandone la bruttezza, sono spariti, affidati alle "sapienti mani" delle motoseghe. Sogniamo per un attimo che al posto del brutto muro ci potesse essere una bella cancellata, che mostrasse i vecchi Schinus in tutta la loro bellezza; ma è solo un sogno, appunto.


La realtà è quello che resta del terreno, come si vede a destra, mentre si ripulisce in gran fretta per lasciare il posto ad un noto parco di divertimenti.

Questa volta la notizia ha avuto una buona eco sulla stampa, e si è ragionato sugli ex-alberi, dando voce alle varie parti in causa.

Ma è tutta aria fritta, se non vengono definite, e ogni volta solo promesse, regole certe per evitare misfatti.

Dicono i responsabili del taglio: erano alberi vecchi e pericolanti, ringraziateci perché evitiamo incidenti; abbiamo consultato un esperto, ci ha detto che erano da tagliare; non erano vincolati, in fin dei conti erano in proprietà privata, la proprietà stessa ci ha detto di toglierli ......... tutte motivazioni che possono essere vere, ma anche no.

Bla, bla, bla, tutte le motivazioni sono parole al vento, buone solo per riempire pagine di giornale, se non possono essere verificate e passate al vaglio di una parte terza. Allora, perché non si stabilisce che il parere dell'esperto di parte privata debba essere sottoposto ad un esperto di parte pubblica (per esempio  i botanici del Comune), prima di poter procedere all'abbattimento?

Suvvia, è chiaro che per il privato che deve spianare un terreno gli alberi sono spesso un impiccio, ed è anche comprensibile se pensiamo ai tempi che  la burocrazia può impiegare per fornire una risposta; è questo il vero motivo per cui il privato spesso si affretta a tagliare gli alberi, prima che sorgano questioni; le questioni saranno affrontate eventualmente dopo, intanto i lavori potranno andare avanti.

Tutto qui: bisogna mettere una regola, eliminare la burocrazia, ed il problema è risolto.

lunedì 6 novembre 2017

Il Giglio di mare perpetua la specie

Vi ricordate il Giglietto di mare del quale vi ho parlato nell'agosto scorso (post del 18/8/17) ?  Questo meraviglioso fiorellino bianco, dal nome impegnativo di Pancratium maritimum, è abbastanza comune da noi in Sardegna, contrariamente ad altre regioni italiane dove l'antropizzazione selvaggia lo ha distrutto, insieme alle dune ed alla vegetazione costiera, sacrificate al cemento.

Noi invece le dune le abbiamo ancora, per fortuna; pensiamo a Porto Pino nella costa occidentale o alla zona di Capo Ferrato nella costa orientale, che è quella dove vi porto oggi.

Ecco, per capire dove siamo, l'inizio della grande spiaggia di Feraxi, con sullo sfondo Capo Ferrato, ed in primo piano una piccola duna, dove comincia la zona nella quale la sabbia è colonizzata fra l'altro da Tamerici, Ginepri e, appunto, Gigli di mare.

Naturalmente la nostra bulbosa ha terminato la fioritura, per ammirare la quale vi rimando al post citato (e poco più a sud di qua, a Cala Pira), e si sta occupando adesso di perpetuare la specie.





Ecco a destra che le capsule, i frutti del Giglio, cominciano ad aprirsi mostrando i semi neri, attualmente in fase di rilascio.




Quest'altra piantina invece è più avanti con il lavoro, i semi sono tutti in mostra e molti, data la estrema leggerezza, sono sparsi sul terreno, in attesa che il vento, o il mare, li trasportino a germinare lontano.

I semi, compattati nella singola capsula globosa, sono in realtà tanti, simili a spezzature di liquirizia, ed hanno forme diverse, in funzione della necessità di stare dentro la capsula occupando tutto lo spazio disponibile.

Insomma un altro prodigio della Natura, al quale si aggiunge il fatto che il vero seme è contenuto dentro l'involucro a forma di pezzetto di liquirizia; ma questo involucro, contrariamente alla liquirizia, ha una consistenza spugnosa e leggera.

In questo modo, in aggiunta al lavoro del vento, ogni seme può galleggiare, essendo prelevato dal mare in occasione di mareggiate, e venire disseminato anche lontanissimo dalla pianta che lo ha generato; che meraviglia!