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lunedì 31 dicembre 2018

La Mahonia, gemma del Giardino Vannelli

Una passeggiata nel giardino di via Giudice Mariano, intitolato al grande botanico Vannelli, è sempre piacevole; piccolo e molto godibile, dentro la città ma con piante importanti, anziane e da ammirare una per una, questo è uno scrigno di bellezze arboree, come lo avevo definito alla sua apertura (post del 1/2/2016).

Oggi vi presento una gemma di questo scrigno, un arbusto del quale non ho mai parlato: la Mahonia x media charity, appartenente alla famiglia delle Berberidaceae.



Ha iniziato la sua fioritura invernale, una miriade di fiorellini gialli su lunghe spighe, appariscenti e molto gradevoli.

Devo dire che non sono certo del nome che vi ho proposto, che è quello di uno dei tanti ibridi realizzati per uso commerciale, ma mi sembra abbastanza rassomigliante alle caratteristiche proposte dai vivaisti.

Un arbusto assolutamente non comune in città, anzi lo definirei senz'altro raro, e per questo tanto più apprezzabile.






E l'apprezzamento non si limita ai fiori; guardate l'eleganza delle foglie composte che vediamo nella foto a destra, dotate di spine che le fanno assomigliare a quelle dell'Agrifoglio (post 8/9/2012). 

Un arbusto da ammirare, dunque, e da usare come stimolo per una ricognizione più ampia di questo giardino.


martedì 25 dicembre 2018

Panorami cagliaritani

Uno sguardo rasserenante, che guarda lontano: questo ci vuole per chi arranca dopo l'abbuffata della vigilia e/o in preparazione della abbuffata del pranzo di Natale.

Allora, con intento di aiuto alla digestione, vi propongo due immagini di panorami cagliaritani, verso ovest e verso est, ripresi quando il sole è dall'altra parte.




Qui siamo a Buoncammino, nella affascinante piazzetta Cannas, e guardiamo ad ovest verso i monti di Capoterra; con noi ammirano il panorama i fiori della Yucca gloriosa e quelli della Aloe arborescens.

Fioriture tipiche di questo periodo, che abbelliscono molte aiuole pubbliche cittadine.


E qui siamo dall'altra parte, guardando da Genneruxi verso nordest.

E' quasi notte, il sole si è buttato dall'altra parte cedendo lo scettro del cielo alla luna, ma ancora riesce ad illuminare di rosa pallido le creste dei monti di Sinnai, evidenziando i dentini dei Sette Fratelli.

Non sono riuscito ad inquadrare un albero nell'immagine, mi perdonerete, ma mi è piaciuto l'accostamento natalizio e con il solstizio d'inverno delle foto ed ho deciso di condividerlo con voi.
Auguri a tutti.

giovedì 20 dicembre 2018

Il giardino degradato dell'ospedale Binaghi

I giardini degli ospedali sono un punto dolente del verde cagliaritano, lo sappiamo: grandi spazi, all'origine belle realizzazioni verdi, un tempo fiore all'occhiello della città (Villa Clara, Santissima Trinità, ospedale Binaghi ..), progressivamente abbandonate nella gestione ed oggi spesso incolte, cariche di erbacce, impraticabili.

Ne abbiamo parlato, con qualche dettaglio, in occasione di un post dedicato ai Pini dell'ospedale Binaghi (post del 30/12/2014) e vi rimando alle considerazioni fatte in quella sede: oggi fornisco un piccolo resoconto fotografico aggiornato, a distanza di 4 anni, che dimostra l'assunto, e cioè il progressivo degrado.



Ecco una prima immagine, per fortuna abbellita dal verde del terreno, conseguenza delle piogge di quest'anno: vediamo un Cactus in primo piano, più avanti una Yucca, Pini sullo sfondo. Si nota comunque il disordine.





Altro scorcio, sulla strada per uscire: fusti di Phoenix morte, vecchi Cipressi, Pini d'Aleppo.



Ed infine, una Robinia ed in fondo un'altra pianta grassa, molto grande e forse anche piuttosto rara.
Sullo sfondo, il grande fabbricato centrale.







Insomma, un guazzabuglio di verde confuso ed intricato, con anche piante di pregio non godibili.
Il tutto inserito in un parcheggio selvaggio e soffocante di auto.

Anche l'interno lascia a desiderare per molti aspetti, che non è qui il caso di approfondire: dirò solo che quando sono salito io i due ascensori per il pubblico erano fuori uso, e nessun cartello segnalava la situazione. Le persone aspettavano inutilmente davanti alle cabine, prima di rendersi conto di dover affrontare le scale a piedi.

Ma, c'è sempre un ma anche nelle realtà degradate, e lo vediamo dalle foto sottostanti.


Nella sala di attesa del reparto di diabetologia vive un Ficus lyrata o pandurata, una bella pianta d'appartamento con grandi foglie, il cui aspetto ha dato origine al nome scientifico, per la somiglianza con lo strumento musicale dell'antica Grecia.

Fotografia brutta e controluce, ma mi interessava mettere in evidenza una cosa: qualcuno ha meritoriamente attaccato al vaso l'etichetta con il nome della pianta, che bello!






E, per riparare alla bruttura della foto precedente, ecco un'altra immagine un po' più decente del Ficus lyrata; in una sala d'aspetto di un ospedale pubblico trovare una bella pianta, curata e con l'indicazione del nome, è una cosa più unica che rara, non credete?




giovedì 13 dicembre 2018

Le Araucarie fra i palazzi

L'Araucaria excelsa  è un albero molto trattato dal blog, perché è una pianta bella ed elegante, è piuttosto comune nella nostra città, ed è rappresentato dall'albero forse più alto di Cagliari, quello di via Giardini.

Le prime Araucarie hanno fatto la loro comparsa in città già dalla fine del secolo diciannovesimo, con esemplari pubblici nei posti più significativi della città, da piazza Matteotti alla Darsena ed al Bastione di Saint Remy; esemplari che oramai non esistono più, perché morti per malattia o colpiti dai bombardamenti, come quello del Bastione. Queste Araucarie sono però rimaste nella memoria storica e nell'affetto dei cagliaritani, anche attraverso fotografie e cartoline, e così nel secondo dopoguerra molti concittadini hanno iniziato a piantare esemplari privati nei loro giardini o negli spazi condominiali.

Possiamo dire che la città si è ripresa dalla guerra, ed è cresciuta sia nel numero che nell'altezza dei palazzi, insieme alle sue Araucarie, che oggi sono presenti in posti dove non ci si aspetterebbe di trovarle.

Ecco perché oggi vi presento una breve carrellata di Araucarie costrette fra i palazzi, o quasi addossate a facciate; non sempre un bel vivere per loro, anche se molti esemplari si sono saputi adattare.




Ecco un esemplare in via Verdi, pieno centro nel quartiere di San Benedetto: la parte bassa praticamente priva di rami, resiste con il pennacchio dove può respirare e prendere luce.




A due passi dalla precedente eccone un'altra in via Verdi, molto più grande e dotata di rami e foglie, ma anch'essa priva dei rami inferiori; in questo caso i rami sono stati probabilmente tagliati per dare aria e luce al fabbricato retrostante.





E questa, poverina? Si trova in via Cattaneo, traversa di via Sarpi, e non è nemmeno troppo vicina al palazzo retrostante; probabilmente è malata. E' uno di quei casi in cui anch'io,  contrario all'abbattimento degli alberi se non come ultima istanza, prenderei in considerazione l'eliminazione.





Ma allora, tutte le Araucarie vicino ai palazzi soffrono, perdono i rami e si imbruttiscono? Assolutamente no, e ne ho già dato prova presentando alberi splendidi, magari eliminati per l'insipienza degli umani (post del 17/12/10 ), o tuttora in ottima forma, come quello di Sant'Elia (post del 31/1/18).




E ne aggiungo un altro, per concludere, qui a destra: questo si trova all'interno di un cortile in via Pessina, ed è bellissimo e tutto sano.
Ha solo deciso, per non trovarsi troppo vicino alla parete del palazzo e soffrire il caldo estivo, di piegarsi leggermente a sinistra, e proseguire poi ad andare verso il cielo.

giovedì 6 dicembre 2018

Le palline dorate al Lazzaretto

Questo post è quasi l'ideale prosecuzione di quanto scrivevo nel 2014 (post del 25/9/14), quando il Comune stava per terminare i lavori di riqualificazione dei piazzali antistanti il Lazzaretto; in quell'occasione lodavo la scelta della Melia azedarach, albero fra i miei prediletti e pluritrattato nel blog, per abbellire l'area parcheggio, e chiudevo ipotizzando il bell'effetto che avrebbero fatto le Melie nel giro di qualche anno.


Ebbene, il bell'effetto è realtà: le tante Melie oggi, spogliate delle foglie, sono cariche dei loro frutti,  e certamente abbelliscono il parcheggio.

In realtà io speravo che nel giro di 4 anni, tanti ne sono passati, questi alberi sarebbero cresciuti un poco di più, ma già così vanno bene, e costituiscono un bel colpo d'occhio.

Godiamoci dunque le drupe natalizie delle Melie, palline gialle se non proprio dorate, che rimarranno solitarie sulle piante fino a marzo, in attesa della nascita delle nuove foglie primaverili. 

mercoledì 28 novembre 2018

Un giardino verticale nell'ingresso

Abbiamo parlato diverse volte del giardino verticale, avendo un importante riferimento cittadino nelle pareti attrezzate di piazza Maxia, realizzate ormai quasi dieci anni fa per rimarginare la ferita del rifacimento di quella piazza e delle conseguenti polemiche.

Abbiamo vissuto assieme le sue stagioni, i momenti di crisi e le fasi di "rimpolpamento" (post del 28/5/15); una realizzazione che, fra alti e bassi, possiamo comunque ritenere positiva, e che speravamo prendesse piede anche nell'edilizia privata.

In realtà non ho visto realizzazioni, complice il nostro clima, una giusta dose di diffidenza, i costi di impianto, la crisi finanziaria; fino a qualche tempo fa, quando ho visto e fotografato questo.



Siamo nella centralissima piazza Repubblica, e questo a sinistra è l'ingresso della farmacia: qui, nella parete, in occasione della ristrutturazione dei locali, è stata realizzata una aiuola verticale, ricca di piantine tipiche degli ambienti umidi, come Felci e Capelvenere.

Una realizzazione molto gradevole, che può usufruire di una buona esposizione solare: complimenti ai proprietari, che invece che sfruttare lo spazio per una vetrina pubblicitaria, hanno preferito abbellire in questo modo l'ingresso della loro farmacia.

giovedì 22 novembre 2018

Il fiore cangiante colpisce ancora

Sono un profondo ammiratore del cimitero di Bonaria, come dimostra la quantità di post che gli ho dedicato negli anni. Grande fascino d'insieme, eleganti statue che sorvegliano le sepolture, adornandole, tanto verde ben tenuto (a parte le scalinate, come da post recente del 3/10/18 ).

Quest'anno poi, con le insistenti piogge che hanno accompagnato l'autunno, ulteriore valore aggiunto del verde brillante dei prati che abbracciano le sepolture.


Ecco il grande spiazzo verde proprio subito dopo l'ingresso, con lo sfondo verde cupo del filare di Cipressi comuni.

Ma oltre al verde, proprio al centro della fotografia, intravediamo una picchiettatura di colore: che cosa è?

Si tratta del raro esemplare di Hibiscus mutabilis, del quale vi ho parlato due anni fa (post del 6/11/16), che ancora ci allieta con la sua fioritura cangiante, colpendo la fantasia del viandante.




Ecco a destra un bellissimo e delicato fiore bianco sbocciato stamattina, che diventerà prima rosa carico e poi cupo nell'arco della giornata, e così, appassito, si presenterà domattina, come i fratelli che si vedono a sinistra della foto.

Purtroppo questa bellezza non è accompagnata da altrettanta bellezza delle foglie, che anzi si presentano provate dall'avanzare dell'autunno; ma la fioritura, questa fioritura, fa passare in secondo piano tutto il resto.

sabato 17 novembre 2018

Encomio solenne per la Dipladenia

Sì, è un encomio solenne quello che si merita la bella Dipladenia, o Mandevilla che dir si voglia: un encomio per la sua capacità di rallegrare i terrazzi di tutti noi, per puro altruismo e senza chiedere quasi nulla.

Non sono un esperto di arbusti e fioriture, ma devo dire che raramente mi è capitato di avere a che fare con un rampicante così disponibile a crescere facilmente, ed in fretta, ed a produrre fiori in quantità così elevata e per un tempo così lungo.

Ecco un fiore, ripreso ieri, fra i tanti di una Dipladenia che vegeta nel mio balcone; un imbuto semplice ed elegante, con colori che vanno dal bianco al rosa al rosso.

Difficile che non dia buon esito questa pianta; si potrebbe quasi dire che sia a prova di "pollice nero", come quelli che spesso si incontrano nei terrazzi condominiali.

E' un arbusto di origine sudamericana, importato e distribuito in Italia dai vivaisti non da tantissimi anni, ma diventato ormai molto comune proprio per le sue innegabili qualità; si deve aggiungere inoltre che anche le foglie sono belle, verde intenso, lucide e piuttosto coriacee. Dicevamo che la Dipladenia è rampicante, molto poco esigente anche per questo; non disturba la struttura che la accoglie, e se si avviluppa ad un'altra pianta non tende a soffocarla. Unico difetto, se tale si può chiamare, è che non è resistente alla malefica cocciniglia, per cui con il nostro clima in estate necessita di controllo ed eventuale trattamento  per questa piaga.

Mi accorgo di aver scritto una sorta di panegirico, ma credo di poter dire che la Dipladenia meriti le  parole di apprezzamento che ho speso per lei ed il suo valore giustifichi la digressione di questo post rispetto al mio solito ambito di conoscenza.

   

giovedì 15 novembre 2018

Quanto si sta bene qui!

Chiedo scusa per la scivolata odierna verso i Social network e le loro fotografie tese ad attrarre i "like", ma non ho saputo resistere alla tenerezza di questa immagine e la voglio condividere.



Una coccinella sembra apprezzare la cuccia improvvisata, costituita dalla cupola vuota di una ghianda di Sughera; possiamo immaginare che riposi serenamente godendosi il tiepido sole del mattino autunnale, che si riflette nelle concave ed avvolgenti pareti.

Siamo nella Trexenta, in un bosco nella zona del lago Mulargia: bei panorami, bella natura, begli incontri casuali.

mercoledì 7 novembre 2018

Che strage di trombette!

Un titolo fantasioso, che deriva dal nomignolo che avevo assegnato nel 2011 (post del 22/11/11) ai fiori della Datura (Brugmansia) arborea, per presentarvi uno degli effetti, per fortuna in questo caso minimi ma spettacolari, delle recenti piogge. Guardate qua.



E' la sera del 4 novembre, e la città sta uscendo da uno dei copiosissimi temporali che stanno caratterizzando questo autunno: guardate che cosa ha combinato la pioggia battente!

Una strage di trombette, che appaiono miseramente spalmate a terra, per questo grosso arbusto che si trova in via Leoncavallo, e che avevo già eternato carico di fiori (post del 21/10/17), così potete fare il confronto.


Come dicevo, effetti di un evento per certi versi devastante, ma in questo caso minimi e che suscitano un sorriso.

domenica 4 novembre 2018

Poveri cugini di montagna!

Rubo oggi il titolo a me stesso, quando nel 2011 (post del 10/10/11)  avevo presentato per la prima volta gli Abeti ed i Larici, cioè due famiglie di alberi che con la nostra isola, e tanto più con la nostra città, hanno veramente poco a che fare.

Alberi poco conosciuti dai sardi, almeno nella vita di tutti giorni, ma molto evocativi: chiunque di noi sia stato in Continente, soprattutto se sulle Alpi o sugli Appennini, ha ben presenti le distese di Picea abies (Abete rosso) o Larix decidua (Larice spogliante), che formano splendidi boschi o ricoprono intere vallate. Immagini indimenticabili, con gli aghi appuntiti e scuri degli Abeti che si confrontano con quelli teneri e lunghi dei Larici, di colore normalmente più chiaro.

Ecco perché, con il cuore stretto, voglio ricordare anche qui la strage di queste meraviglie della Natura che si sta compiendo in questi giorni per i tifoni che stanno sconvolgendo intere aree delle montagne bellunesi, del Trentino, del Cansiglio in Veneto, della Carnia Friulana.

Non mi dilungo, dato che chiunque può, attraverso Internet, vedere con i suoi occhi le dimensioni della devastazione; dico solo che leggere di luoghi visitati da turista, Malga Ciapela, Caprile, Rocca Pietore, ma anche Agordo, Livinallongo, Sappada, Alleghe, finanche Auronzo, leggere di questi luoghi come in un bollettino di guerra, fa veramente male.

Per non dire del bosco di Paneveggio, il bosco dei violini, famoso anche perché trecento anni fa lì si recavano Stradivari e Guarnieri del Gesù per scegliere il legno degli Abeti risonanti, con i quali costruire i loro meravigliosi strumenti.

Riporto una frase dello scrittore Cognetti, vincitore di premio Strega, che mi sembra terribile e significativa:

"In questo cadere del bosco sento una specie di stanchezza, proprio come un amico che non ce la fa più e mi viene paura per come andrà a finire. Se si arrendono anche gli alberi, mi chiedo, che ne sarà di noi?"

Un dramma. Ma per non chiudere in tristezza, una immagine serena


Cosa è e dove si trova? Beh, è un Abete rosso, uno dei pochissimi in buone condizioni a Cagliari, e si trova in via Budapest, nel quartiere Genneruxi; ne ho parlato qualche anno fa (post del 7/5/14) ed è tuttora in buona salute.

Attraverso di lui, mandiamo un pensiero affettuoso alle migliaia di persone che vedono la loro economia, di turismo e di vita, vacillare per questi cataclismi ambientali. Queste zone così colpite sapranno riprendersi, ne sono certo, anche con la solidarietà: mi risulta che centinaia di persone si stiano mettendo a disposizione dei comuni più colpiti per i lavori urgenti, prima che arrivi il freddo vero e blocchi tutto. Auguri.



giovedì 1 novembre 2018

Le ghiande, simbolo di fertilità

Chi di noi abbia passeggiato nelle nostre campagne, in quest'autunno umido e piovoso, non può non averlo notato: mai come quest'anno stiamo assistendo ad una produzione tanto copiosa di ghiande.

Le nostre Querce, con le loro specie dominanti, Quercus ilexQuercus suberQuercus pubescens, ovvero nell'ordine il Leccio, la Sughera, la Roverella, stanno dando veramente il meglio di sé: le ghiande, che siano ancora sulla pianta ben inserite nella loro cupola rugosa, o che siano sparse sul terreno, pronte a tentare la prosecuzione della specie o ad immolarsi al piacere grufolante dei maiali, sono in quantità eccezionale.

Lucide e grosse, quasi gonfie, quest'anno le ghiande ci ricordano più che mai la loro storia e nobiltà millenaria, la loro sterminata distribuzione geografica, il loro utilizzo per sfamare i nostri progenitori, la loro importanza nella storia dell'arte e come simbolo di fertilità. Basti ricordare al riguardo l'utilizzo delle ghiande da parte di Michelangelo nella volta della Cappella Sistina, dove le ghiande accompagnano fra l'altro le figure umane degli "Ignudi", ed il loro aspetto dipinto ricorda inequivocabilmente l'organo sessuale maschile (d'altra parte, ghianda = glande).

Ecco allora, dopo che ci siamo elevati a livelli vertiginosi, torniamo per terra, o quasi, ed ammiriamo questo terzetto di lucide ghiande appartenenti ad una Sughera, fotografate in comune di Goni, nel Gerrei; guarda caso, in un contesto archeologico eccezionale, quello di Pranu Mutteddu e delle sue "perdas fittas".

Devo dire che raccogliere ed osservare queste ghiande risveglia antichi istinti, e fa quasi venire voglia di assaggiarle; a questo riguardo, dobbiamo ringraziare i paesi dell'interno nei quali si sta riscoprendo l'utilizzo delle ghiande in cucina, lavorandole e cucinandole come facevano i nostri avi, per produrre pane, dolci o altri alimenti. E' affascinante pensare che prima dell'avvento dell'agricoltura molte popolazioni, e non solo i sardi, si cibassero di ghiande, dagli indiani della California, ai Greci, fino ai Coreani.

Possiamo serenamente ribadire, in conclusione, che la Quercia è uno degli alberi più importanti per la storia dell'umanità, e noi dobbiamo solo essere fieri di averne tante, e così produttive come quest'anno, nella nostra Isola.

 

domenica 28 ottobre 2018

Neonato, ma con il cappello

In realtà dovrei dire neonato uscito "dal" cappello, e che del cappello non si è ancora liberato. E' un indovinello in piena regola: non può essere un bambino, a meno di non voler considerare la placenta materna come cappello, ma potrebbe essere un animale, per esempio un pulcino che esce dall'uovo.

Ma, poiché qui si parla di regno vegetale, è sicuramente una pianta, ed eccola qui sotto la piantina che risolve l'enigma.

Si tratta di un neonato di Pino, e precisamente di Pino comune o domestico (Pinus pinea), catturato come immagine nella pineta di Santa Margherita.

Il neonato è appena uscito dal suo "uovo", un seme e più precisamente un pinolo e, complice il tempo umido di quest'anno, si sbriga per tentare di sopravvivere, ed ha tanta fretta che ancora non si è liberato del pesante fardello che ha in testa, ciò che resta del pinolo.

L'apparato riproduttivo dei Pini, lo sappiamo, non è sofisticato come quello delle piante che fanno i fiori (le Angiosperme, molto più specializzate); nel nostro caso la pigna, arrivata a maturazione, si apre e lascia cadere i pinoli, che non avendo ali si fermano praticamente sotto l'albero "mamma", in spazi molto ristetti. I più fortunati fra i pinoli  riescono a germogliare, ed i più fortunati fra questi, una volta perso il cappello, riescono a crescere, ed a riprodurre la specie.
Non resta che augurare buona fortuna a questo neonato, dato che la sua lotta per la sopravvivenza è ancora molto lunga!

lunedì 22 ottobre 2018

Il Platano solitario

Rubo il titolo, almeno come assonanza, al passero leopardiano, per riproporvi un albero praticamente assente in città, e poco presente in generale nella nostra isola, se non come albero di filare stradale in alcuni paesi in quota: il Platano comune.

Come dichiara il suo nome, è un albero molto presente in diverse regioni italiane, soprattutto al nord, di grande bellezza e longevità, in grado di formare meravigliosi boulevard e di offrire in questo periodo grandi spettacoli di foliage.

Avevamo classificato il Platano comune per l'esemplare di piazza Islanda a Genneruxi, agli albori di vita del blog (post del 1/11/10), a cui erano seguite poche altre segnalazioni. Insomma il Platanus acerifolia , che è il suo nome scientifico, è proprio merce rara a Cagliari.


Ed è per questo che vi ripropongo l'esemplare di piazza Islanda: solitario appunto, un po' soffocato in mezzo ai "locali" Carrubi, non bellissimo, ma non più esile come lo avevo definito nel post citato.

Anzi, come si vede dalla foto, è stato capace, seguendo la sua indole, di crescere al di sopra di tutti gli altri alberi che lo circondano.

Insomma, possiamo considerarlo una sorta di mascotte, da tenere nella dovuta considerazione e rispetto data la rarità.

lunedì 15 ottobre 2018

Un altro Ficus, ancora!

Credo che con quello che vi presento oggi abbiamo superato la decina di specie diverse di Ficus trattati dal blog che vivono, e bene, a Cagliari. D'altra parte non c'è da meravigliarsi, se pensiamo che la grande famiglia delle Moracee,  alla quale appartengono i Ficus, comprende circa 1000 specie, diffuse nelle zone tropicali e subtropicali e, per estensione progressiva, nelle zone temperate (ex) come la nostra.

Parliamo di un Ficus a foglia lunga, abbastanza somigliante a quella dell'Oleandro.

Ecco un giovane esemplare che si trova in via Berna, nel giardino-sterrato di Genneruxi (post del 5/2/2013),  zona ricca di arbusti ed alberi notevoli ed in buone condizioni, ma mancante purtroppo dei requisiti minimi per essere chiamata giardino.

L'identificazione di questa specie risulta abbastanza problematica, dato che le vengono attribuiti almeno due nomi scientifici, Ficus binnendijkii o Ficus maclellandii, o ancora Ficus longifolia; credo che il secondo sia quello più corretto.
Purtroppo non sono riuscito a trovare un nome comune per questa bella pianta, che come il cugino Ficus benjamina vive bene all'interno dei nostri appartamenti, ma ancora meglio all'aperto; così come il benjamina si presenta in forma arbustiva, ma non disdegna all'occasione di diventare un vero e proprio albero.




Guardate per esempio l'esemplare a destra, ed il suo tronco; è un alberello, che vive in simbiosi con un grande Ficus benjamina nel cortile parcheggio della palestra Athlon, in via De Gioannis.

Qui, a prescindere dalla  frequentazione per svolgere attività atletiche, si può entrare ad ammirare il nostro Ficus maclellandii oltre, come dicevo, a due enormi esemplari, per la specie, di benjamina.






Tornando all'esemplare pubblico di via Berna, ecco a sinistra un particolare delle eleganti foglie e di una coppia di piccoli siconi, le infiorescenze tipiche di tutte le specie di Ficus.


lunedì 8 ottobre 2018

Il richiamo annuale per la Chorisia

No, non parliamo di un richiamo vaccinale, che è pure argomento ampiamente dibattuto, ma di una mia pulsione a ricordare, praticamente ogni anno, la fioritura delle Chorisie (anzi, siamo già in ritardo!), in particolare dei campioni fra via Sabotino e via Trincea dei razzi.






Eccone due, a fiori rosa ed a fiori bianchi, che si godono il sole di fine serata. Vale veramente la pena di andare ad ammirarle.




E queste sono le altre, ambedue a fiori rosa. Faccio notare che queste, ancorché si trovino a pochi metri dalle sorelle della precedente foto, hanno fogliame molto più rado, e sono tutte dedicate alla produzione dei fiori.

Vedrete comunque che più avanti, quando si sarà diradata la copertura floreale, riprenderà anche la produzione di foglie:  stranezze legate alla origine di questi alberi, ed agli effetti dei cambiamenti climatici.

mercoledì 3 ottobre 2018

La situazione al Cimitero di Bonaria

Ordine e disordine, rinascita e degrado, contrasti verdi, questi ed altri termini ho utilizzato negli anni per descrivere la situazione del Cimitero di Bonaria, un posto comunque da me molto amato per il grande fascino che emana (post del 2/5/125/11/1321/8/142/8/15 ed altri ancora).

E siamo ancora lì, nella mia vista odierna il termine che viene in mente è contrasto.



Nella parte pianeggiante, qui a sinistra l'ingresso verso l'Orto delle Palme, la situazione è ordinata, pulita, i lavori in corso sono ben circoscritti.

Queste Palme, molto belle, sono da datteri, Phoenix dactilifera, e sono sane e seguite dai tecnici comunali, per evitare che il malefico punteruolo rosso decida di attaccarle, dopo aver decimato le Palme delle Canarie. Sono in bella compagnia con altre specie di Palme e soprattutto con le Palme nane, in un gradevole miscuglio.

La situazione cambia completamente se si affrontano i terrazzamenti: portatori di grande bellezza per la struttura architettonica e per gli orizzonti panoramici che aprono via via dietro di sé, ma sempre più in preda al verde selvaggio, come si vede dalle foto.

C'è di tutto: Ailanti, Fichi, Capperi, ma anche Bignonie, Belle di notte, Robinie; un miscuglio incredibile, fra alberi ed arbusti, nati da semi volanti o piantati appositamente decenni fa.

Certo, i terrazzamenti risultano tuttora transennati, ma ospitano ancora molte tombe, e le persone, almeno le più aitanti, ancora cercano di andarci a loro rischio e pericolo; in certi casi però, come dalla prima foto sottostante, il percorso è proprio impedito da un muro di Robinie, assolutamente impenetrabile.

Insomma, come ho già detto, una situazione per certi versi interessante e ricca di fascino, ma che esclude definitivamente la visita ai defunti ancora presenti in loco ed assolutamente improponibile nel lungo periodo, senza almeno un progetto di intervento da esporre chiaramente ai cittadini.


domenica 30 settembre 2018

Fine estate delle rarità di Monte Urpinu

Questo post è una ideale prosecuzione di quello della primavera corsa (post del 23/4/18), e vuole dare conto della crescita e del buono stato di salute, in attesa che inizi lo spoglio invernale, dei nostri rari amici verdi di Monte Urpinu basso.




Ecco l'Acero saccarino, Acer saccharinum, ormai un albero, che espone orgoglioso le sue fronde e la grande foglia pentalobata.

Abbiamo seguito la sua crescita dal 2012 (27/9/12 e poi 25/9/15),  all'inizio un po' stentata ma che ora procede bene; l'aspettiamo in autunno avanzato, quando perderà le foglie trascolorate, con begli effetti di foliage.




Ed ecco l'altra rarità, della quale abbiamo seguito la crescita in parallelo con l'Acero: l'elegante Taxodium distichum, il Cipresso di palude che vive, come si confà alla sua natura, con le radici a bagno del ruscelletto  che convoglia l'acqua di scarico dei serbatoi in cima al colle.

Questo nipotino dello splendido esemplare dell'Orto Botanico, più volte presentato nel nostro blog, ha oramai anche lui un ruolo autonomo, e si fa strada fra gli alberi che lo circondano.


La sua giovane età è segnalata dal verde chiaro delle eleganti foglioline, appiattite e quasi aghiformi,  inserite ordinatamente su due file opposte (in modo distico, da cui il nome) nei rametti.

Come si vede anche ad occhio nudo, da parte di non esperti, queste due rarità di Monte Urpinu non hanno nessun grado di parentela fra loro; l'unica cosa che le accomuna, in questa loro posizione cagliaritana, oltre alla vicinanza è la rarità, per cui mi fa piacere continuare a proporle assieme e seguire il loro sviluppo nel nostro bel parco cittadino.

martedì 25 settembre 2018

La meraviglia del bosco primigenio di Montes

"La foresta di Montes ospita una lecceta d'alto fusto plurisecolare unica nel bacino del Mediterraneo per estensione, fisionomia, caratteristiche ecologiche e paesaggistiche."

Questo è il modo in cui il sito di Sardegna Foreste descrive i Lecci di Montes, sul Supramonte di Orgosolo, nella premessa della scheda dedicata alle bellezze di questa zona, che comprendono anche il monte Novo San Giovanni, Funtana Bona e tanto altro.

Noi ci limitiamo qui ai Lecci che, in quantità enorme, si offrono alla vista ed al contatto con il visitatore, nella loro bellezza antica.

Ecco una immagine bucolica, con i cavalli al pascolo brado ed alcuni Lecci di sfondo.

Avevamo già parlato di questi Lecci, in una sorta di reportage fotografico della zona pubblicato alcuni anni fa (post del 29/10/14), ma ritornarci è un piacere, per me e spero anche per voi.

Tornando all'immagine, ed a questi spazi condivisi fra alberi ed animali, è molto bello da vedersi, ma non possiamo nasconderci che il pascolo risulta alquanto invadente nei confronti delle piante, non tanto per il pareggiamento delle chiome in alto, quanto per la brucatura dei nuovi germogli, che ritardano il rinnovamento del bosco e della vegetazione circostante.

A prescindere dalla citata criticità, a cui si potrebbe far fronte con un regolazione del numero di capi al pascolo brado, torniamo alla bellezza ed alla maestosità di Lecci come quelli qui a destra, dove si nota nettamente il pareggiamento delle chiome.

La quantità di Lecci domina di gran lunga questi bellissimi spazi, anche se troviamo ogni tanto esemplari di Roverella (Leccio = Quercus ilex; Roverella = Quercus pubescens), che però qui sembrano riconoscere il dominio dei fratelli, e sono meno imponenti di come si presentano in altre zone.




Infine, quasi a smentire ciò che dicevo sul sottobosco brucato dal pascolo, ecco una famiglia di mazze di tamburo, Macrolepiota procera, non prelevata né da quadrupedi né da bipedi, chissà perché.
 

giovedì 20 settembre 2018

Eugenia, un nuovo gradevolissimo arbusto

Oggi vi presento un alberello di grande fascino, inspiegabilmente assente nel nostro verde urbano. Si tratta della Eugenia myrtifolia o paniculata, originaria dell'Australia e, come dice il nome, parente del nostro Mirto.

Eccola qua a sinistra, fotografata carica di  bacche nel giardino di una bella locanda di Oliena.

La elegante foglia coriacea verde scuro completa la bellezza delle bacche, che sono anche commestibili; in più, in primavera, la Eugenia produce dei fiorellini color panna, di buona valenza estetica e con gli stami a ciuffo, simili appunto a quelli del Mirto.


In quest'altra foto, che riprende una porzione più ampia della Eugenia, si nota la quantità di bacche, ed il bel colore rossastro delle giovani foglioline.

Insomma, proprio una bella scoperta, anche se il vero nome scientifico, Syzygium paniculatum, è difficile e non le rende merito, e lo cito solo per completezza.

Più interessante, come curiosità, è sapere che la nostra Eugenia è stretta parente della pianta che produce i comuni chiodi di garofano (Syzygium aromaticum).

Insomma, benvenuta fra noi Eugenia myrtifolia, e speriamo di conoscere presto tue sorelle cagliaritane!

venerdì 14 settembre 2018

Quattro Palme e due Leoni

Il titolo del post odierno nasce dalla inquadratura della fotografia sottostante, che ha al centro dell'immagine la porta cinquecentesca di accesso sud al Castello, cioè la porta dei due Leoni.


Eccola qua, e le teste dei leoni sono quelle sopra l'arco, che nella foto appaiono come bugnature.

Ma, naturalmente, il nostro interesse per la foto riguarda le piante,  e nella fattispecie il fatto peculiare che l'immagine racchiude 4 specie diverse di Palme.

Partendo dalla più vicina, troviamo una Cycas revoluta, l'elegante fossile vivente (post del 9/7/13 e diversi altri) che si trova bene in città e che infatti è oramai molto presente.

In realtà, è opportuna la precisazione, la Cycas non è una Palma, ma una antichissima Gymnosperma, parente casomai del Ginkgo e delle conifere piuttosto che delle Palme; ma, data la somiglianza con le Palme, mi scuserete se la associo qui al quartetto.


Segue poi una Washingtonia filifera, al centro della aiuola spartitraffico di via Mazzini (spartitraffico?  ma quale traffico? via Mazzini è chiusa alle auto ormai da molti, troppi mesi, e gli abitanti di Castello sono costretti a fastidiosi e lunghi giri); la Washingtonia, dicevamo, con appesa la vestaglietta di foglie morte che, tutto sommato, non la imbruttisce.

Più in fondo, proprio allo spigolo della porta, si intravede una Chamaerops humilis, la nostra Palma nana o di San Pietro.

Infine, ancora più in fondo ed in alto sulla passeggiata del Bastione, notiamo una Phoenix dactilifera,
una delle poche piante che residuano al Bastione, dopo la moria delle Palme delle Canarie causata dal punteruolo rosso. Approfitto per ribadire quanto già espresso (post del 9/12/17), e cioè che la terrazza del Bastione necessita assolutamente di altre piante e fioriture.

venerdì 7 settembre 2018

La Maclura pomifera fa il suo dovere annuale

La Maclura pomifera, o albero dal pomo rugoso, è stata una delle prime piante che ho presentato nel blog (post del 30/10/10), soprattutto per mettere in evidenza il buffo frutto (in realtà un sorosio,  tipo di infruttescenza); la ho presentata anche successivamente, ma sempre mettendo in evidenza il frutto, e non presentando mai una pianta nel suo insieme.

Oggi voglio recuperare questa mancanza, dato che mi sembra che questa pianta ormai rara in città lo meriti.

Eccolo qui a sinistra, uno degli esemplari sul bordo della passeggiata di Terrapieno. E' uno degli alberelli che residuano di una siepe continua che era stata impiantata molti decenni fa, probabilmente per provare il suo adattamento al nostro clima come sostituto del Gelso, per l'allevamento dei bachi da seta.

Infatti la Maclura è stretto parente del Gelso, appartenendo alla stessa famiglia delle Moracee ma, contrariamente a quest'ultimo, non subisce l'attacco della cocciniglia, che invece stava distruggendo i Gelsi locali.

Il tentativo di sostituzione, a quanto risulta, non riuscì, anche perché nel mentre venne a cadere del tutto l'allevamento dei bachi da seta; ecco perché restano solo pochi esemplari, oltre naturalmente ad alcuni grossi alberi che si possono vedere sul sentiero principale dell'Orto Botanico.


Mi risulta anche che esistano alcuni residui di siepi in campagna, utilizzate come limite di proprietà per sfruttare come barriera le grosse spine.
Una pianta decisamente poco appariscente, se non fosse che continua a farsi apprezzare per la particolarità dei frutti, anche se non commestibili.


Eccoli allora alcuni frutti che occhieggiano nella folta chioma dell'esemplare fotografato in viale Regina Elena; sono come si vede un po' nascosti, ma forse resisteranno appesi fino alla perdita delle foglie, ed allora saranno sicuramente visibili.

Insomma una pianta del passato, che però ci racconta un pezzo della affascinante storia dell'allevamento dei bachi da seta, che aveva interessato anche il nostro glorioso Istituto Agrario (post del 17/4/12); merita quindi di essere ricordata, al di là del buffo pomo rugoso, che pure costituisce tuttora il suo elemento di attrazione.

sabato 1 settembre 2018

La Annona, albero da frutto tropicale, a Cagliari

La Annona cherimola, nome italiano, pochissimo noto, Cirimoia, è un albero originario dell'America del sud, dove il suo frutto è conosciutissimo e consumato come una prelibatezza, con un gusto fra ananas e mango.

In Europa è coltivato solo nella Spagna del sud e, in Italia, in Sicilia. Ne avevamo parlato nel blog nel 2011 (post del 22/5/11), quasi casualmente e su richiesta, senza riportare alcuna fotografia dato che a me non risultava presente a Cagliari.

Oggi aggiorno con piacere la mia posizione, e vi presento un esemplare cittadino di questo gradevole albero, segnalatomi da Paolo, che ringrazio.

Si tratta di un esemplare facilmente individuabile, se si riconosce la fotografia a lato: siamo alla fermata "Largo Gennari" del metrotram, e l'albero è quello sulla destra che sporge sul marciapiede.

E' un albero piuttosto grande, sicuramente con qualche decennio di vita alle spalle, ed attualmente espone i particolari frutti quasi sferici,  che sono caratterizzati da un reticolato di segni in rilievo, come cicatrici, che formano delle figure geometriche.

Ecco una foto ravvicinata dell'albero in questione: il frutto non è qui particolarmente evidente, in compenso si notano le ampie foglie costolute.


Non  mi risulta che i frutti di questo albero in particolare arrivino a piena maturazione, anche se ormai il nostro clima lo consente, magari con qualche accortezza o in qualche zona con il microclima giusto; mi risulta infatti che esista un coltivatore, credo nelle campagne di Uta o Capoterra, che produce e commercia, fra vari frutti tropicali, anche quelli dell'Annona.

Inoltre, ho visto che Sgaravatti ha messo in vendita, anche se credo per un periodo limitato, diverse qualità di alberi da frutto tropicale, compreso l'oggetto del nostro interesse odierno ; segno che stanno nascendo nuove possibilità di coltivazione di frutta esotica, dai gusti nuovi e profumati.

Concludo con una valutazione personale, forse un po' sciovinista: ottimi i mango, gli avocado, la papaya, il litchi e, appunto, la Annona; ma le nostre pesche di pasta gialla, o le nostre albicocche ben coltivate, tanto per citare due frutti nostrani, non temono alcun confronto!

domenica 26 agosto 2018

L'albero della manna

Non è la manna della Bibbia quella di cui parliamo oggi, anche se c'è chi sostiene che anche quella fosse di origine vegetale, e precisamente provenisse da una Tamerice, anziché direttamente dal cielo; parliamo invece della manna secreta da un albero, l'Orniello.

L'Orniello, nome comune del Fraxinus ornus, è un albero presente in Sardegna, assieme al fratello della specie angustifolia, soprattutto nel centro nord; ne avevo parlato nel 2012 (post del 15/10/12) presentando alcuni begli esemplari della Foresta Burgos in fase di foliage. 

Questa essenza è invece molto rara a Cagliari, anche se recentemente ho scoperto un buon numero di esemplari nei giardini del Brotzu (post del  9/10/17), con le loro affascinanti samare alate.

Ma siccome oggi parliamo di manna, e della sua estrazione, vi porto in Sicilia, nelle Madonie, e precisamente nel paese di Castelbuono.

Ho scattato la foto a sinistra proprio a Castelbuono, questa primavera, e gli alberi di questo slargo sono proprio Ornielli.

Castelbuono è uno dei due paesi siciliani, assieme a Pollina, che praticano ancora, o meglio hanno ripreso a praticare, l'arte dell'estrazione della manna dall'Orniello. E sono non solo gli unici in Sicilia, ma anche in Italia e forse nel mondo a praticare quest'arte.

In estrema sintesi, l'operazione avviene così: proprio in questo periodo, mediante incisioni praticate con grande attenzione nel tronco con una roncola apposita, il "mannaruolu", si provoca la fuoriuscita della manna, liquido dolciastro che si solidifica in piccole stalattiti bianche, dette cannoli. Da questi si ottiene la manna di prima scelta, la più pregiata e costosa, a cui seguono quella a pezzi e quella raccolta da terra.

Un processo delicato quello dell'estrazione, che si tramanda da generazioni e che deve essere praticato con grande maestria, per evitare di danneggiare la pianta. Un processo ed una serie di abilità che ricordano quelle che noi conosciamo molto bene,  relativamente all'estrazione del sughero dalla Quercus suber. 

La manna viene usata come dolcificante per torte, biscotti, dessert ed anche panettoni, e per qualche ricetta salata.  Ha anche importanti usi da parte dell'industria farmaceutica e cosmetica, anche se credo che sempre più spesso in questo campo venga sostituita da altri prodotti più economici.


E torniamo per concludere ad un'altra immagine dell'albero che ci dona la manna, sempre fotografato a Castelbuono;vi faccio notare i semi alati dalla forma oblunga, ancora nella presentazione primaverile. Interessante il confronto con i semi fotografati ad ottobre nel post del Brotzu citato in precedenza.

Insomma un albero interessante il Frassino: di gradevole aspetto, sia in fase vegetativa che quando si spoglia, e possibile generatore di reddito; mi chiedo come mai da noi sia così poco diffuso.

martedì 21 agosto 2018

Il rosso e il nero

Sgombriamo subito il campo da equivoci: non intendo parlarvi del bel romanzo di Stendhal né, tanto meno, dei rossoneri del pallone; il titolo del post di oggi è solo la prima cosa che mi è venuta in mente guardando la foto sottostante, che ho scattato nelle campagne di Burcei.






Parliamo dunque di rovi, Rubus fruticosus, e delle loro meravigliose drupe composte, le more, già presentate in precedenti post (post del 7/8/115/9/13,  17/8/15). Nascono gialle, poi virano al rosso, come si vede dalla foto, ed infine assumono il meraviglioso colore nero lucido.





Un frutto di stagione, le more, con quest'anno una particolarità in più: il tempo piovoso che ci ha accompagnato dalla primavera avanzata fino ad oggi ha determinato un anticipo di maturazione, ed un contrasto più netto fra nero e rosso, come si vede anche dalla spalliera a destra.

Purtroppo anticipo di maturazione non significa maggiore bontà; i rovi sono abituati al nostro clima siccitoso, e quest'anno non hanno espresso, o espresso ancora, il meglio della dolcezza e del gusto delle more. Insomma, il sapore è un po' "annacquato".

Peraltro questo effetto lo abbiamo vissuto anche con la frutta coltivata, per esempio le Pesche, che ad inizio stagione erano insipide e facili alla marcescenza.

Insomma, non siamo mai contenti, ma io confido che all'inizio di settembre avremo le more gustose che il nostro clima "normale" ci sa fornire!