Post in evidenza

Gioiellini all'Orto Botanico

Abbiamo detto più volte che uno dei pregi delle piante è che, essendo vive, cambiano aspetto, consentendoci di scoprire qualcosa di nuovo og...

Visualizzazione post con etichetta Tronco. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Tronco. Mostra tutti i post

mercoledì 12 marzo 2025

Il Cipresso nuovo adepto dei monumenti verdi cagliaritani

Riprendiamo il filo di un recente post (post del 26/2/25) dedicato alle alberature monumentali cagliaritane, per mantenere una promessa, presentando uno dei 3 ultimi entrati, l'unico che mancasse alle recensioni fatte dal nostro blog nel corso degli anni.

Si tratta di un Cupressus sempervirens, il cui nome italianoCipresso comune, non è in questo caso assolutamente appropriato. Altro che comune, l'esemplare di cui parliamo è assolutamente eccezionale!  


Eccolo qui, piazzato nel bel mezzo del cimitero comunale di Pirri, che mostra a tutti la sua enorme quantità di verde, che si estende non tanto in altezza quanto in larghezza, con una chioma fittissima che si allarga sin da subito, partendo da una altezza molto modesta.

Questo campione viene accreditato di una età superiore ai 200 anni, e non può certamente confondersi con le centinaia di fratelli presenti in città, soprattutto nei cimiteri e nelle strade limitrofe.

Va detto fra l'altro che appare in buone condizioni di salute, e continua a produrre galbuli a profusione.


Quest'altra immagine mette in evidenza il massiccio piede, con circonferenza superiore ai 4 metri, ed il tronco immediatamente moltiplicato, forse a causa di vecchie potature radicali.

Una caratteristica questa, il tronco che si moltiplica, come possiamo meglio notare dalla fotografia qui sotto, non comune nei Cipressi.



Insomma un esemplare certamente monumentale, ma anche bello e peculiare, e che sicuramente sfata uno dei luoghi comuni relativi a questi alberi, che non li renderebbero degni di attenzione.

Merita sicuramente una visita, questo enorme guardiano del Cimitero di Pirri!
   


lunedì 7 ottobre 2024

I Ficus magnolioides allo stato semibrado

 I Ficus magnolioides, o macrophilla, sono i signori arborei della nostra città, forse quelli che la rappresentano di più, per la dimensione, la bellezza di insieme, la posizione nel tessuto urbano. Pensiamo alla Darsena, a piazza Matteotti, all'Orto Botanico, ai Giardini Pubblici, e abbiamo già qualificato questi nostri compagni di vita.

Giusto dunque che a questi alberi vengano dedicate ampie presentazioni, e noi  abbiamo fatto la nostra parte nel blog, anche in occasioni nefaste, come nel crollo della Darsena (post del 16/5/23).

Poi ci sono altri esemplari, meno evidenti per la loro posizione, ma non certo per la loro dimensione, come gli esemplari di piazza Sorcinelli, fra viale Trento e viale Trieste, comunemente nota come parcheggio  della Regione (post 4/4/1324/5/23); questi due enormi esemplari hanno una peculiarità rispetto ai fratelli più noti: vivono allo stato semibrado.

D'altra parte la piazza di cui parliamo è essa stessa lasciata allo stato semibrado: un disordinato ma richiestissimo parcheggio nei giorni lavorativi, un deserto nei giorni festivi, non curato né molto pulito.

E dunque i nostri Ficus, che già tendono a prendersi gli spazi necessari per vivere bene  in ogni condizione al contorno, qui ne approfittano alla grande.

Ed ecco le possenti ed alte radici tabulari a terra che corrono dappertutto, esondando dai vecchi recinti senza problemi, e le radici colonnari verticali, già legnose ed infisse nel terreno, o ancora in forma di filamenti che lavorano per riunirsi.


E questo è uno scorcio del fratello magnolioides che vegeta verso viale Trento, anche lui carico di radici filiformi che si vanno aggrumando e puntano al terreno.

Insomma, un cantiere perenne di attività arboree vitali e tese a rafforzare la enorme  ed articolata struttura fuori terra. Un vero spettacolo, da apprezzare soprattutto il fine settimana, senza il soffocante abbraccio delle auto!

E ricordo infine che il meglio in assoluto della vitalità dei vecchi Ficus magnolioides lo possiamo ammirare all'Orto botanico di Palermo (post del 8/7/18).   


  

lunedì 19 febbraio 2024

Gli alberi strangolatori, nei templi cambogiani

 Oggi vi porto molto lontano, e precisamente in Cambogia, nell'estremo est asiatico. Me ne dà l'occasione Stefano, che sta compiendo un viaggio di piacere appunto da quelle parti, e che mi ha mandato alcune fotografie, per le quali lo ringrazio.

Ci troviamo nel nord ovest della Cambogia, e precisamente ad Angkor Wat, un enorme tempio religioso, il più visitato del paese e patrimonio mondiale dell'Unesco.

E, naturalmente, non ci occupiamo del valore culturale e storico di questo sito, della civiltà Khmer e della sua architettura ma degli alberi che ci vivono, enormi e di grande impatto.

Eccone uno, che appare "spalmato" su un tempio in rovina, quasi come un animale preistorico.

A quali alberi ci troviamo di fronte? Devo dire che qui regna una buona dose di confusione; questi alberi hanno il nome comune di alberi strangolatori, per la loro attitudine di vivere a spese di altri alberi, ai quali si appoggiano fino a strangolarli, per poi crescere in autonomia.

Fra gli alberi strangolatori vengono in realtà annoverate diverse specie di alberi, compreso, pensate, il nostro Ficus magnolioides!  

Sicuramente fra gli alberi che vivono ad Angkor Wat ci sono dei Ficus, dal Ficus altissima al Ficus benghalensis al Ficus tinctoria , ma una pianta che vive sicuramente in mezzo a questi templi non è un Ficus, ma il Tetrameles nudiflora, di cui facciamo conoscenza oggi.


Ecco un altro esemplare di Tetrameles che, consapevole della forza con la quale è abbarbicato alla struttura del tempio, pur cadente, sale fino a forse 25 metri.

Naturalmente questi alberi non possono essere lasciati crescere come vogliono, ma sono curati da squadre di giardinieri acrobati, che evitano che queste meraviglie possano essere velocemente soffocate dalla natura e riportate alla condizione di quasi invisibilità, come questi gioielli in pietra vennero scoperti dagli occidentali, a metà dell'800. 
 

lunedì 20 novembre 2023

I pregi della Betulla

 La Betulla, Betula pendula, ha avuto pochissima attenzione da parte del blog, solo un post di qualche anno fa (post del  22/1/20), nel quale riportavo una mia fotografia di un esemplare inglese. La causa di questo rapporto quasi nullo, lo potete immaginare, è la sua modestissima (o nessuna?) presenza nella nostra città ed in tutta la Sardegna. 

Infatti la Betulla predilige i climi freddi, tanto è vero che nelle regioni italiane dove vive allo stato spontaneo si trova al di sopra dei 500 metri.

Ecco un vecchio esemplare a sinistra, in una foto presa da Internet, che ci consente di notare subito il primo e più evidente segno di riconoscimento di questa specie, e cioè la corteccia bianca. 

Possiamo dire che siamo sfortunati a non averla fra noi, dato che è un albero elegante e ricco di pregi. I pregi, oltre al colore della corteccia, sono dati dalla membrana che ricopre i rami, le foglie affusolate e finemente seghettate, il lungo picciolo, il leggero vibrare della chioma ad ogni refolo di vento.

Ed i pregi non si fermano a quelli estetici, ma si estendono alle qualità del legno, nonché a interessanti proprietà medicamentose, per finire poi con riconosciute proprietà gastronomiche. 

E qui ci colleghiamo con quanto asserito nel post citato, che faceva risalire la conoscenza delle proprietà medicamentose e gastronomiche addirittura a più di 5000 anni fa; oggi è di particolare utilizzo la corteccia interna (detta floema), che può essere consumata appunto tale e quale, oppure bollita ed unita a minestre, o ancora essiccata ed utilizzata come farina per il pane. Infine, pare che si possano ottenere ottimi sciroppi dalla linfa.

Il portamento pendulo, elemento essenziale della eleganza di cui si diceva, conferisce alla Betulla il ruolo di albero prediletto per parchi e grandi giardini, per esemplari isolati o a gruppetti, mentre in natura è comunissimo nei boschi del nord America e della Russia, dove gode di grande prestigio e la cui corteccia veniva in passato utilizzata addirittura per scrivere (iscrizioni Novgorodiane)

Insomma un vero peccato non avere fra noi questi alberi; per fortuna ci possiamo godere nella nostra Sardegna, lungo i corsi d'acqua ed i canaloni di montagna, il cugino Ontàno,  Alnus glutinosa (post del 12/6/12 ed altri), che appartiene alla stessa famiglia e con la Betulla ha anche una certa somiglianza!   

mercoledì 18 ottobre 2023

Le grasse sorelle del Madagascar, o di Villanova

Sono grasse e sono simpatiche le due sorelle del Madagascar, che vivono affacciate ai balconcini di una casa di via San Mauro, nel quartiere di Villanova. Non si offendono se le definiamo grasse, o più correttamente succulente,  perché è un loro punto di orgoglio essere così. 

Vengono dall'enorme isola di Madagascar, dove sono una delle tantissime specie endemiche, da cui il nome comune di Palme del Madagascar, anche se non sono Palme ma appartengono alla famiglia delle Apocinacee, a cui appartiene anche l'Oleandro e la Pomelia.

Eccole le due sorelle, il cui nome scientifico è Pachypodium lamerei, fotografate alla fine di settembre, con ancora esposti i bei fiori bianchi, che durano tutta l'estate e fino a novembre (post del 16/11/1024/8/146/7/17 ).

Mi sembra che si possano considerare un orgoglio del quartiere, queste sorelle che si guardano e ci guardano quando passiamo in questa piccola via, nobilitata dalla loro presenza; si potrebbero veramente battezzare come "Le grasse sorelle di Villanova", senza paura che alcuna signora sovrappeso del quartiere si possa offendere, ma certi invece dell' univoco riconoscimento come piante, grasse e simpatiche. 


lunedì 25 settembre 2023

Un doveroso tributo alla Chorisia più bella

 La Chorisia insignis/Ceiba speciosa, albero prediletto dal blog al quale fa da sfondo fin dalla sua nascita, è un albero sempre bello, anche quando è completamente nudo (post del 29/1/13 ed altri). 

Ma quando è fiorito, cioè in questo periodo, il suo aspetto toglie veramente il fiato, e soprattutto quando parliamo dell'esemplare che per me è il più bello della città, cioè quello di piazza Garau-via Darwin.

Eccolo allora l'esemplare più bello, che si merita anche quest'anno il doveroso tributo; è stato pubblicato nel blog tante volte, ma per me è sempre una prima volta.

Ed a ricordarci dove si trova la nostra regina ci sono le sue giovani ancelle, che si presentano in fila lungo la via Fleming, la parallela all'asse mediano dalla quale si può entrare nel quartiere ed essere immediatamente ammessi alla vista della regina: che spettacolo!

Termino con una curiosità: se cercate una via della zona su Google maps, nella mappa dall'alto vi viene offerta, segnalata come attrazione turistica,  proprio l'indicazione della posizione della nostra Chorisia; ne sono proprio contento, se lo merita!
   

martedì 16 maggio 2023

Un simbolo verde cittadino che crolla

E' stato un colpo al cuore, lo confesso, apprendere che uno dei simboli arborei che meglio caratterizzano la nostra città, il Ficus magnolioides sopra l'edicola di piazza Ingrao, ha perso una delle sue enormi braccia nella notte di domenica scorsa, distruggendo la storica edicola sottostante.

Ecco una fotografia, tratta da Facebook, che rappresenta in maniera efficace quanto accaduto: l'enorme branca sinistra dello splendido tronco a vela, con i suoi contrafforti di sostegno, crollata sopra l'edicola.

Al centro del tronco si nota una profonda frattura cariata, che potrebbe essere una concausa di quanto accaduto.

Stamattina intorno al grande ammalato lavoravano i Vigili del Fuoco che, dopo aver ridotto in grandi pezzi il ramo crollato, procedevano a liberare l'edicola distrutta; sono andato a rendermi conto da vicino, e vi offro un piccolo resoconto fotografico.



Questa foto, ripresa dal viale Regina Margherita, mette in evidenza la perdita di simmetria del grande tronco, che a circa due metri di altezza si apre nelle branche principali. Ricordo che l'impianto di questo albero, insieme al fratello nella stessa piazza ed a quelli di piazza Matteotti,  pluritrattati nel blog, risale alla fine del 1800.





Qui vediamo i rimasugli dell'edicola distrutta ed un primo piano della sezione del moncherino; si nota bene una parte cariata, ma la gran parte della sezione sembra perfettamente sana.




Infine questa foto in campo lungo, un po' ruffiana perché non mostra il danno e la asimmetria che invece appare evidente se guardiamo l'albero dalla Darsena, ci consola un poco,  mostrando che una buona parte dell'albero è rimasta in piedi.

Detto questo, è d'uopo qualche considerazione di carattere generale. Sappiamo, fin dalla nostra prima conoscenza dei Ficus, ed in particolare dei Ficus  magnolioides (post del 3/11/10, e tanti altri in seguito), che questi alberi hanno sviluppato grandi capacità di sostegno statico, correlate alla "voracità" espansiva: radici tabulari di notevole sezione, che emergono dal terreno e camminano per molti metri in tutte le direzioni, e radici colonnari, che sostengono le branche via via che queste si sviluppano in lunghezza. 

Un esempio di grande evidenza di queste radici di "rafforzamento" è rappresentato dall'enorme esemplare dell'Orto Botanico di Palermo (post del 8/7/18), ma abbiamo anche esempi nostrani, nel nostro Orto Botanico, in piazza Matteotti, negli esemplari di fronte al palazzo della Regione in viale Trento, nel parco di Bonaria ed altri ancora. Potete fare una ricerca nel blog per approfondire l'argomento e vedere tante foto.

Ebbene, il nostro esemplare ferito non ha potuto mettere, costretto dall'asfalto e dai rivestimenti del terreno, né radici tabulari, né radici colonnari, che comunque gli sarebbero state tagliate. 

La conseguenza minima di questo stato di cose, che peraltro è comune a tanti esemplari cittadini di questa specie, è che i tecnici, per restituire l'equilibrio al nostro campione, dovranno effettuare potature significative sui lati sani, sperando che questo basti per assicurare ancora decenni di onorata carriera a questo simbolo verde cagliaritano.      

 

lunedì 6 marzo 2023

Giovani e profumate aromatiche, vecchi e contorti tronchi

Sono tornato in visita all'Orto dei Cappuccini, e devo dire che il suo fascino rimane inalterato nel tempo e nelle stagioni. Un luogo particolare, non tanto per le piante di cui è dotato (che pure presentano molti aspetti interessanti, a cominciare dall'età di molte di esse), ma per il fondale e le quinte fra i quali è inserito, che costituiscono una attrazione irresistibile (post del 4/6/16).

Un luogo di serenità e  meditazione, magari piacevolmente inframezzata dai bambini che corrono inseguendosi e giocando a nascondino (senza telefonino!).

Nella visita odierna non ho mancato di notare un paio di peculiarità, che vi propongo per immagini.



Ecco le giovani e profumate piante aromatiche, dette anche officinali perché da queste un tempo si ottenevano, in "officium" e cioè in farmacia, molte medicine alternative.  Peraltro, la produzione di piante officinali era proprio l'obiettivo che aveva dato origine alla nascita di questo luogo, all'inizio del '600!

Abbiamo qui sopra una lunga siepe di Rosmarino, mentre a destra due dei molti cespugli di Lavanda fanno da spalliera ad un panchina. Sia il Rosmarino che la Lavanda cominciano a fiorire, come peraltro i loro cugini selvatici, ed a spandere tutto attorno il loro profumo.

Sull'altro fronte, per così dire, abbiamo i vecchi tronchi di Ficus carica, che si trovano nella parte alta del parco. Sono ancora in pieno riposo vegetativo, ma questo non li rende insignificanti, come dimostrano le due immagini che vi presento.



Vecchi e contorti tronchi, li ho definiti nel titolo, ma comunque ricchi di fascino con le loro buffe protuberanze; ammirandoli ci si ritrova ad immaginare quali vicissitudini abbiano vissuto, nel corso dei decenni, per acquisire siffatte conformazioni.
Ma non crediate che questo tronco impastato dal tempo, e quelli dei due fratelli sullo sfondo, non siano più in grado di produrre foglie e frutti ed una bella chioma, a suo tempo; basta tornare ad apprezzarli a giugno, per rendersene conto! 

mercoledì 26 ottobre 2022

I Gelsi piangenti della Ex Vetreria

 Sono tornato ad ammirare i rarissimi Gelsi penduli della Ex Vetreria di Pirri, nel piccolo e piacevole Parco che avevo presentato con un post del 2011 (post 19/12/11), nel quale compariva già una tenera immagine giovanile di uno di questi Gelsi.

Oggi ho assegnato a questi alberelli l'attributo di piangenti, in omaggio al glorioso Salice piangente, albero ormai quasi scomparso dalla città ma del quale ai cagliaritani più "datati" rimane il ricordo indelebile degli esemplari di piazza Matteotti; a parte questa digressione, il nome corretto di questi alberelli resta Gelso pendulo, Morus alba pendula, varietà di Gelso bianco opportunamente innestata. 


Ecco uno degli alberelli, nel fascino della sua fluente capigliatura che nasconde il secondo esemplare al di là dello stradello: veramente una pianta di grande impatto estetico, tenuto anche conto del fatto (post del 29/9/16) che non presenta l'imbrattamento del suolo dovuto alla caduta dei frutti.

E, se e quando verrà il freddo, questo Gelso saprà mostrare il suo affascinante aspetto invernale, con i rami piegati, spogli e nodosi, che abbiamo già eternato (post 19/1/15  e del  28/1/17).

Insomma, un albero raro per la nostra città che si fa apprezzare sia d'estate che d'inverno; non resta che apprezzarlo anche in autunno, dal vivo o catturando qualche immagine del suo foliage, che pare sia molto gradevole. Chissà che quest'anno non sia la volta buona, se avremo un vero autunno!


 

sabato 10 settembre 2022

Il Calocedro meranese ed i pochi fratelli sardi

 Il Calocedrus (=Libocedrus) decurrens, Cedro della California o anche Albero dell'incenso, è una cupressacea di grande impatto estetico, con le sue dimensioni maestose (fino a 40 metri!) le foglie a squame, i rami che si dipartono orizzontalmente dal tronco, dal bel colore rossiccio e caratterizzato da grandi squame.

Purtroppo non è un albero adatto al nostro clima, ed infatti in Sardegna è praticamente assente, fatti salvi gli esemplari fatti piantare dall'ing. Piercy a Badde Salighes, sopra Macomer. Questi esemplari vivono tuttora e sono abbastanza in forma, e meritano comunque una visita perché il luogo è affascinante, e perché in zona si trovano anche Tassi enormi, Agrifogli ed Aceri.

Quindi per godere la vista di questi alberi bisogna andare a Badde Salighes o in Continente, come usiamo dire noi sardi; infatti oggi vi presento un esemplare meranese, che si aggiunge a quello che avevo fotografato e postato nel 2015 (post del 27/7/15) proprio a Merano.

Ribadisco per inciso la ricchezza verde di Merano e la cura per i loro alberi, ai quali è dedicato anche un ottimo sito Internet; ce lo avessimo noi! 

L'esemplare odierno, che si erge nella sua maestosità nella fotografia a fianco, mi è stato presentato da Giancarlo, che ringrazio, e si trova nella zona delle terme di Merano.

E' un campione che dovrebbe essere alto una trentina di metri, ed infatti la fotografia non riesce ad inquadrarlo tutto; mostra fra l'altro i rami orizzontali e la corteccia rossa.

Insomma una bellissima aghifoglia, che giustifica il suo utilizzo come essenza ornamentale di interesse paesaggistico; certo non è un albero da fare crescere in un piccolo giardino!
  

giovedì 9 giugno 2022

Il vegliardo e la sua primavera

Il vegliardo che vi porto all'attenzione odierna è un glorioso albero, che vanta una età di tutto rispetto: quasi 200 anni,  da quando un ammiraglio inglese lo regalò, in forma di esile piantina, alla città di Cagliari. 


Eccolo oggi, il vegliardo, anzi la vegliarda: si tratta della Prosopis torquata del Parco della Rimembranza, detta anche la pianta dell'ammiraglio in virtù della sua storia, che vi avevo raccontato ai primordi di vita del blog (post del 10/11/10).

Come si vede il suo tronco biforcuto è veramente maestoso, scuro, scavato e contorto, a dimostrare gli anni che si porta appresso; però questa leguminosa è tuttora capace di produrre, in un tenero e meraviglioso contrasto, le sue foglioline composte e, in primavera avanzata, le spighe  cariche di fiorellini gialli.


Eccole qui a destra le foglie ed i fiori, a dimostrare la persistente vitalità della vegliarda.

La parte destra del tronco è sostenuta, come si conviene alla sua vecchiaia, da una gabbia di tubi metallici, che si intravede nella prima foto; non è un sostegno molto valido esteticamente, ma ci accontentiamo, purché la aiuti a restare in vita!

Ed a suo tempo, alla fine dell'estate, questo meraviglioso essere vivente sarà ancora capace di produrre i piccoli ed eleganti legumi falciformi, per i quali vi rimando ad un altro vecchio post (post del 31/8/11).

Insomma, una vera gloria cagliaritana, che merita rispetto e riconoscenza per il suo farci ancora compagnia. Forse meriterebbe anche un percorso di visita dedicato ed un cartello con la sua storia.    

  

giovedì 19 maggio 2022

Tenerife patria del Drago, e non solo

L'arcipelago delle Canarie è universalmente noto, fra l'altro, per la quantità di specie arboree endemiche, molte delle quali hanno il riferimento all'arcipelago nel proprio nome. Pensiamo alla Palma delle Canarie, al Pino delle Canarie, all'Euforbia delle Canarie, tutte piante presenti anche a Cagliari ed ampiamente trattate nel blog.

E poi c'è lei, la Dracaena draco, Sangue di dragoforse la più significativa fra le specie endemiche di queste isole ed in particolare di Tenerife, di cui è simbolo vegetale. Qui vivono gli esemplari più vecchi al mondo di questa specie arborea, alcuni addirittura millenari.



Io non vi presento esemplari millenari, che possono essere facilmente trovati su internet, ma esemplari di tutti i giorni, che si possono incontrare a Tenerife durante una passeggiata, o ai bordi di una piscina.

Ringrazio Sara, che trovandosi in vacanza a Tenerife mi ha inviato queste foto.



Esemplari comuni, dunque, ma che sono già molto più grandi, e soprattutto più alti, degli esemplari cagliaritani.

Ricordo che Cagliari dispone ormai, stante anche la progressiva tropicalizzazione del clima, di molti esemplari di Dracena sangue di drago, che vi ho presentato in più occasioni (post del 10/6/11 , 25/1/18,   23/9/21 ed altri) e che colpiscono per la loro "simpatia" arborea e le particolarità relative al tronco, alla crescita, alla resina rossastra.


Ma non è solo il Drago, come recita il titolo del post, il simbolo arboreo di quest'isola: c'è ne è anche un altro, che adesso vi presento.


Eccolo qui: a qualcuno dei lettori ricorda qualcosa?  A parte il colore, la spiga fiorita è molto simile a quella di un arbusto che vi ho presentato nel 2011 (post del 20/3/11) , l'Echium fastuosum .

Infatti questo a fianco è un cugino, il cui nome scientifico è Echium wildpretii . I due cugini appartengono alla famiglia delle Boraginacee, quella della nostra bella e comune Borragine.

Questa pianta ha il simpatico nome comune di Viperina rossa di Tenerife; vive su terreni siccitosi e sassosi, non teme il caldo ed il vento, infatti si trova bene sulle alture di questa isola vulcanica.


 

giovedì 10 marzo 2022

In attesa che finisca l'inverno, la Chorisia.......

 La Chorisia insignis o Ceiba speciosa, se si preferisce il suo nome più recente, è come noto un albero spogliante, che riesce a liberarsi completamente delle vecchie foglie prima che finisca l'inverno.

E per fortuna, aggiungo io che sono un suo grande ammiratore, perché in questo modo può mostrarci al meglio le sue bellezze invernali, cioè i frutti pendenti e lo scheletro spinoso nel tronco e nelle branche.

Cominciamo dai frutti pendenti: eccoli qua, quelli di uno degli esemplari di via Trincea dei Razzi, dove vivono i più grandi esemplari cittadini.
 
Le grosse capsule si mostrano orgogliose, grandi, lisce e chiuse, in attesa dell'esplosione di inizio estate, che consentirà loro di spargere i semini avvolti dalla lanugine (post del 28/6/11).

Ricordo al riguardo che questo splendido albero ha fra gli altri il nome di Falso Kapok, essendo imparentato con il vero Kapok, la Ceiba pentandra, il cui cotone è utilizzato per produzioni di cuscini e sacchi a pelo. 

E passiamo alla seconda bellezza invernale, cioè le spine; non che non ci siano anche d'estate, ma è d'inverno, quando l'albero è nudo, che il loro fascino raggiunge il massimo.


E per apprezzare al meglio le spine suggerisco di ammirare l'esemplare solitario fra via Darwin e via Baccelli (post del 8/3/18), che secondo me è, dato anche il contesto, l'esemplare più bello della città.

Lo vedete qui a destra: è carico di spine, sul tronco e sui rami, che appaiono di un bel colore verde; purtroppo gli manca l'altra peculiarità dell'ingrossamento alla base (da cui i nomi comuni di Albero bottiglia e Palo borracho), forse perché è stato abituato da piccolo ad avere molta acqua, e quindi non ha avuto bisogno di costituire la riserva nel tronco.

Insomma, oggi abbiamo fatto un altro breve ed ennesimo viaggetto nel mondo di questa specie, da me prediletta; ma non sono certo il solo ad apprezzarla, se è vero che la Chorisia è addirittura venerata nell'isola di Cuba (post del 28/11/16)!  
 
  


sabato 5 febbraio 2022

Il Bagolaro riposa, ma l'Aloe.....

 I Bagolari sono alberi abbastanza comuni in città e piuttosto noti ai lettori del blog; abbiamo parlato diverse volte di questa pianta spogliante, dal nome scientifico di Celtis australis e caratterizzata da radici robustissime, che si sanno fare strada anche in terreno  roccioso, tanto da meritare l'altro nome comune di Spaccasassi.



Il viale Buoncammino, a cui si riferisce la foto a fianco, è uno dei suoi luoghi di elezione, assieme al viale Regina Margherita.

Questi alberi nei giorni di febbraio sono completamente spogli (a parte, nel caso specifico, la Dracena "imboscata" fra le branche della prima biforcazione) ed il loro scheletro possiede una certa eleganza, con il colore grigio omogeneo e la forma abbastanza regolare. Le Jacarande che vediamo dall'altro lato del viale, volendo fare un confronto, in questo periodo essendo semi-spoglianti hanno un aspetto bruttino e per niente elegante.




Ecco un altro Bagolaro che mostra orgoglioso lo scheletro contro il cielo, per come appare ripreso da via Fiume poco prima che questa strada  sbocchi sul viale Buoncammino.

E qui c'è una altra particolarità, che colora la fotografia e ci fa godere dei contrasti che la Natura è in grado di offrire: sotto il Bagolaro uno dei tanti cespugli di Aloe arborescens della zona prepara l'esplosione delle infiorescenze rosse, che ci allieteranno per tutto il mese.
 

venerdì 26 novembre 2021

Un nuovo ed interessante anziano ospite di fronte al parco Vannelli

 Recentemente (post del 5/11/21) ho espresso alcune critiche sulla gestione spicciola del parco Vannelli. 

Pur non avendo motivo per ritirare tali critiche (la situazione è rimasta ad oggi assolutamente inalterata), vi voglio comunicare una buona notizia: nell'ampio prato di fronte al parco, spazio gradevole e ormai ben dotato di alberi, fra cui diverse Lagerstroemie (post del 6/8/17), è stato trapiantato un vecchio Schinus molle.


Eccolo qui, circondato dalla recinzione di sicurezza, in attesa che le radici riprendano a fare il loro mestiere ancorandolo alla sua nuova sede.

Lo Schinus molle è un albero molto trattato nel blog, che io apprezzo sia per il gradevole aspetto e le piccole bacche rosse, ma anche per la velocità di crescita: basti vedere le dimensioni che hanno acquisito alcuni esemplari delle recenti piazze del quartiere (post del 4/4/17).

Se tanto mi da tanto questo scheletro, sicuramente di un albero piuttosto anziano data la dimensione del tronco, potrà facilmente trasformarsi in una splendida realtà verde, dalla ampia chioma ricadente.

Se qualcuno si chiedesse come ho fatto ad individuare che si tratta di uno Schinus molle, potrei farmi grosso dicendogli che lo ho riconosciuto dal tronco e dalla corteccia, ma non sarebbe la verità, per lo meno non tutta.

 


In realtà lo ho riconosciuto da alcuni rametti residui, che sono stati correttamente lasciati attaccati alle branche per facilitare la ripresa vegetativa; lo si può notare dalla foto accanto, la quale evidenzia anche i tutori che devono tenere dritta la pianta in questa prima fase di adattamento.

Auguri allora al nuovo gradito inquilino, un giovanissimo anziano che speriamo si possa rendere autonomo ed emettere nuovi getti in breve tempo!


sabato 20 novembre 2021

Un altro Patriarca urbano

Sì, lo so che il termine Patriarca per gli alberi è un poco abusato, ma è il primo appellativo che mi è venuto in mente guardando con attenzione l'albero che vi presento oggi, che si va ad aggiungere ad una serie di fratelli già presentati: parlo del Ficus magnolioides (o macrophilla) che troneggia subito dopo  l'ingresso inferiore del parco di Bonaria, occupando con la proiezione della sua enorme chioma anche tutta la carreggiata del viale omonimo che scende dalla chiesa.



Non ho provato nemmeno a fotografarlo intero, forse si può fare solo dall'alto, ma ve lo mostro dal basso, come può apprezzarlo chiunque di noi si trovi ad entrare in questo piccolo parco di grande fascino (post 4/10/19, fra gli altri).

E poi, anche l'intrico di radici affioranti dal terreno, che si incrociano con le radici avventizie ricadenti dall'alto, è un bel vedere. Al riguardo, noto che per fortuna questo albero è stato lasciato abbastanza libero di espandersi e di mostrarsi da vicino in tutte le sue parti, contrariamente alla "clausura" ed alla copertura di sassolini imposta ai fratelli di piazza Matteotti (post del 20/7/20 e precedenti), cha ancora grida vendetta.






Allora, approfittando della libertà lasciata a questo Ficus di provvedere alle sue necessità, ecco una immagine che mostra il percorso di una grossa radice aerea, di cui l'albero si è dotato per sostenersi e provvedere al meglio al trasporto della linfa.

Al riguardo un altro fratello che merita di essere ricordato è quello di piazza Matteotti che guarda verso via Roma, addirittura circondato dalle radici aeree (post del 12/4/18).




Naturalmente, quando avrete finito di apprezzare il Patriarca da terra, lasciatevi il tempo per salire in cima al parco, ed apprezzare la città dal cielo, con scorci come questo!

 

 


giovedì 23 settembre 2021

E, un giorno, l'infanzia del Draghetto è finita

 Il piccolo Draghetto, dal nome altisonante di Dracaena draco, viveva tranquillo in un tratto della scarpata di Terrapieno, con il suo tronco singolo sormontato da un ciuffo di lunghi capelli scarmigliati. Era sereno, si godeva il panorama verso il basso ed il passeggiare degli umani e dei cani verso l'alto.

Oltre all'aspetto gradevole e simpatico forniva anche un utile servizio frenando con le sue radici lo scivolamento del terreno verso via San Saturnino, in un lavoro di squadra che impegnava tutti i suoi compagni verdi del Terrapieno.

Poi, un giorno, l'infanzia è finita.

Dopo quasi 15 anni di vita, in maniera inaspettata e repentina (parliamo comunque di anni, trattandosi di alberi!) l'infanzia è finita, ed il tronco è esploso in una decina di salsicciotti, ognuno dei quali si è fatto carico di riprodurre il bel ciuffo di capelli della prima gioventù.

L'aspetto scarmigliato è stato sostituito da una bella compattezza d'insieme e da una chioma simmetrica ed ampia.

Può darsi che sia quasi giunto il momento di una successiva ramificazione, e che l'ormai ex Draghetto assuma un aspetto sempre più simile a quello dei suoi fratelli maggiori che già conosciamo, dai capostipiti dell'Orto Botanico all'esemplare del viale Buoncammino, da quello di via Mameli a quello del parco Vannelli, e così via (post del 10/6/11,   25/1/186/4/17, 16/1/19, fra gli altri).

Insomma, ospitiamo in città una bella famiglia di Draghi, ai quali non possiamo che augurare lunga vita, che per loro si misura in centinaia di anni, come ci insegnano gli esemplari di Tenerife, lì presenti allo stato endemico.
Date uno sguardo su Internet alla mostruosa grandezza degli esemplari di queste Dracene presenti sulle isole Canarie, e ditemi se il nostro Draghetto odierno non ci ispira tenerezza, anche se ha lasciato l'infanzia! 


domenica 21 marzo 2021

Gli Ulivi e i Tulipani, a Turri

Un accostamento a dir poco strano, quello fra Ulivi e Tulipani; accostamento che diventa straordinario se ci aggiungiamo il paesino di Turri, piccolo e sconosciuto comune della Marmilla, nella provincia del Medio Campidano.

Eppure, sappiamo che a volte gli accostamenti più incredibili danno luogo a bellissime realtà, e questo è uno di quei casi: il piccolo comune sconosciuto, dotato però di meravigliosi ed ultracentenari Ulivi, decide alcuni anni fa di impiantare un vivaio di tulipani, e lo fa diventare una sorta di mostra mercato, con un'area espositiva ed un'altra area dove il pubblico può scegliere e raccogliere in autonomia queste meravigliose fioriture.


Nella foto vediamo uno scorcio dell'area espositiva in primo piano, e sullo sfondo la collina in cima alla quale sono organizzati i filari per la raccolta autonoma; le due zone sono collegate da uno stradello che consente di ammirare alcuni dei meravigliosi Ulivi che abitano il comune di Turri.



Ecco, sulla cima della collina, i filari con i tulipani multicolori, e le persone che li colgono sistemandoli, con il loro bulbo, negli appositi cestini; i fiori saranno acquisiti, ad un modesto prezzo unitario, e potranno abbellire la casa di ogni visitatore.


Ed ecco i possenti ed affascinanti tronchi di due dei patriarchi che abitano nel paese di Turri; la scritta sul tronco indica il proprietario dell'albero. 

Pare infatti, secondo la tradizione, che la proprietà fosse stata originariamente attribuita dai Pisani alla famiglia che si fosse presa cura, innestandoli,  degli Olivastri presenti su questi terreni. 

Una storia intrigante ed interessante, che ricorda quella di S'Ortu Mannu a Villamassargia (post del 16/1/12); anche lì Ulivi pluricentenari, appartenenti a famiglie indicate con apposite targhette sui tronchi (suggerimento per il sindaco di Turri, per sostituire le scritte con la vernice, che la bellezza di questi tronchi non merita!).

Belle storie, che riguardano vecchissimi e meravigliosi alberi; qui a Turri, la peculiarità degli estremi che si toccano, Ulivi "eterni" e fiori bellissimi ma destinati di norma ad una vita di qualche giorno in vaso.

Insomma, questa iniziativa "Tulipani in Sardegna" è veramente lodevole, e merita apprezzamento e successo. 

    
 

   

lunedì 22 febbraio 2021

Il Ginepro, re del nostro mare e dei nostri monti

Il titolo del post è sicuramente magniloquente, ma non credo molto lontano dal vero, se pensiamo allo stretto rapporto di bellezza che lega il Ginepro con la sabbia e gli scogli delle nostre coste, ma anche con gli anfratti ed i tacchi delle nostre alture.

Per convincersi basta sfogliare le prime pagine del libro "Attaccati alle radici" di Spanu e Caravano, che dedicano storie avvincenti ed immagini straordinarie ad alberi della Sardegna, e per primi ai Ginepri. E sfogliando questo libro mi è venuta voglia di rivedere i post che abbiamo dedicato ai Ginepri nel nostro blog, a partire dal 2011, e proporvi i link se avete voglia di fare un giro per immagini e racconti (post del  15/11/11,  29/11/13,  3/1/14,   21/1/14,  11/5/16 ).

Ricordiamo che i Ginepri appartengono essenzialmente a 3 specie, due più "marine" ed una più "montana": il Ginepro coccolone dai grossi frutti  ed il Ginepro fenicio con le squame al posto degli aghi sembrano preferire il mare, il Ginepro rosso con il colore del tronco più marcato sembra preferire la montagna; è una distinzione molto semplificata, ma spero che aiuti.


I Ginepri possono essere profondamente diversi fra loro, con posture che vanno dal prostrato raso terra al maestoso e possente, alto molti metri; ma, se mi posso permettere un controsenso, sono comunque belli, anche se sono brutti e storti.



E sono belli anche se sono in prigione, come questo vecchio esemplare, residuo di tante altre presenze in zona, ora solitario e racchiuso dietro la recinzione del Forte Village, ma comunque ad un passo dal mare ed apprezzabile dalla spiaggia. Tiene duro, con la sua proverbiale resistenza; e tanto ci basta.

 

sabato 8 agosto 2020

Il vecchio e glorioso Olmo di Monte Urpinu

Questo post è una logica prosecuzione del precedente del 2 agosto, nel quale mi impegnavo ripresentare a breve il vecchio Olmo di Monte Urpinu, nostra storica conoscenza (post del 14/9/12,  21/3/13,  8/4/14,  oltre ad ulteriori citazioni).

Sono stato stimolato ad intervenire anche da un articoletto di questi giorni sulla stampa locale, che parla di Olmi malati a Sarroch, che dovranno essere abbattuti. Insomma, sembra che la grafiosi (post del 22/4/12 ) colpisca soprattutto con il caldo estivo, spesso aggravando una situazione già parzialmente compromessa, come forse è successo anche per gli esemplari del parco Vannelli.


Torniamo allora sull'esemplare di Monte Urpinu, vivo e vitale nonostante anche lui mostri qualche segno di malattia. Ma io sono sicuro che i bravi giardinieri del parco, così come lo hanno curato fino ad ora, continueranno a farlo, per assicurargli ancora lunga vita. 



Ecco una immagine d'insieme, che dimostra la buona salute e la grandezza di quest'Olmo, mentre nella fotina a destra vedete le foglie basse, attaccate dal fungo, e l'effetto di picchiettatura provocato.






D'altra parte, stiamo parlando di un vecchio e glorioso esemplare, che ha già vinto tante battaglie e superato indenne anche gravi ferite, come dimostra quest'altra foto con il rugoso tronco bucato, dal quale ci aspettiamo di vedere comparire da un momento all'altro un picchio o altro uccello arboricolo.

Evviva il nostro vecchio campione, speriamo che accompagni la nostra e le prossime generazioni ancora per tanti tanti anni.