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Oggi il cesto dei post propone... Le stagioni della Melia

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lunedì 31 luglio 2023

Diamo un nome ai militi ignoti!

Oggi voglio riportare, testualmente, l'articolo della rubrica "L'amaca" di Michele Serra pubblicato sulla Repubblica di ieri 30 luglio. E lo riporto perché vi accorgerete che esprime, se avrete il piacere di leggerlo,  un giudizio che è un caposaldo di questo blog: l'importanza di conoscere e riconoscere gli alberi che ci accompagnano nel nostro viaggio sulla Terra, a cominciare da quelli che incontriamo tutti i giorni, o addirittura vediamo dalle nostre finestre.

E se nel perseguire questo obiettivo, che mi sono dato come presupposto per la nascita del blog nel 2010, sono confortato dalle autorevoli parole di un giornalista di buon senso come Michele Serra, mi sento ulteriormente stimolato a proseguire questo mio piacevole impegno.


I militi ignoti

di Michele Serra

Da una sommaria ricognizione a piedi dalle parti di Foro Bonaparte, e in macchina lungo i viali di Città Studi, mi è sembrato che i più vulnerabili siano stati i frassini; i più resilienti i bagolari; i più ostinati i platani, venuti giù interi, per sradicamento, senza spezzarsi. Peggio di tutti le robinie, quasi spappolate dal vento. La grande quercia di piazza XXIV Maggio mi è parsa gravemente ferita, ma non ho avuto il tempo di avvicinarmi.

Così come gli animali, gli alberi sono di specie diverse. Anche se genericamente a forma di albero, sono tutt’altro che uguali la consistenza del legno, l’estensione della chioma, la sagoma delle foglie, il colore della corteccia, la longevità.

Se vi dicessero che a Milano sono morti per un cataclisma centinaia di animali, la vostra prima domanda sarebbe: quali? Cani? Piccioni? Gatti? Cavalli?

Gli alberi invece non hanno nome — se non per gli addetti ai lavori o i dilettanti tardivi, come me — e dunque i caduti di Milano, le cui salme vengono progressivamente accatastate accanto al cimitero di Lambrate, sono militi ignoti.

Ci passiamo accanto ogni giorno, cerchiamo la loro ombra per parcheggiare la macchina, ma non sappiamo come si chiamano.

Nel gran parlare che si fa di natura, ambiente, clima, sarebbe bello riconoscere, come primo punto, che non ne sappiamo niente, o quasi. E ripartire dall’Abc, piano piano, come faceva il maestro Manzi a Non è mai troppo tardi per rimediare all’analfabetismo dei nostri nonni.

Dovremmo imparare, prima di discettare sui massimi eco-sistemi, chi diavolo sono gli sconosciuti che vivono sotto casa e ci salutano alle finestre. Almeno sapere con che nome chiamarli, prima di procedere speditamente per la nostra solita strada.